Anime Ribelli – Evie Dunmore

Ed eccoci qui, in una fredda sera di fine maggio, mentre i miei figli fanno i compiti e la lavastoviglie gentilmente mi lava i piatti.
Questa è una recensione che non avrei mai voluto scrivere, se non altro perchè a me non piace parlar male di un’autrice della quale ho parlato molto bene. Non mi fa sentire a mio agio perchè già mi vedevo con tutta la collezione dei libri della Dunmore nella mia caotica libreria ed invece dopo questo libro sono perplessa e delusa, stanca e frustrata e mi chiedo perchè. Perchè lo hanno pubblicato intendo.
Editore….dimmi, perchè?

La Trama: Lady Lucinda rappresenta tutto ciò che una giovane di buona famiglia non dovrebbe essere, poiché è orgogliosa, brillante e impegnata politicamente. Non a caso è tra le maggiori attiviste del movimento che si batte contro la legge che sancisce che nel matrimonio la moglie e tutti i suoi beni diventino proprietà del marito. Anche Lord Tristan non è proprio un modello di virtù. Arruolato a forza dal padre, esasperato dalle sue intemperanze, è appena tornato dalla guerra ed è nuovamente sotto minaccia: o si sposa, oppure dovrà assistere all’internamento della madre in manicomio. Complice un’occasione mondana, Lucie e Tristan si ritrovano dopo tanti anni. Non si sono mai piaciuti, eppure adesso qualcosa è cambiato. Da anime ribelli ad anime gemelle il passo è breve…

Ed ora la parola alla giurata – SPOILERISSIMI

Capita a volte quando si scrive di avere una folgorazione. Non so…sei al mercato, vedi una pesca e immediatamente dentro il tuo cervello parte un fluire di idee meravigliose che si incastrano perfettamente l’una con l’altra al punto di arrivare a casa di corsa, trascriverle e capire di aver fatto inequivocabilmente centro. Partiamo dal presupposto che già sono rari questi momenti di illuminazione cosmica, se poi ci aggiungete che un romanzo o un racconto devono avere un inizio, uno sviluppo ed una fine, capirete che la suddetta illuminazione è solo una piccolissima parte di questo immenso lavoro.

L’impressione che ho avuto mentre leggevo questo libro è esattamente quella sopra descritta, ossia che la Dunmore sia stata illuminata da un’idea improvvisa e brillante per poi trovarsi a dover costruire un’intero romanzo partendo da essa. Il risultato è a dir poco altalenante o meglio, se dobbiamo essere davvero oneste almeno tra di noi, deludente.
In effetti le idee ci sono ma sono sparse nel libro come nei sulla pelle, senza alcuna logica apparente e senza che ci sia tra di loro una vera unione.
Per non parlare del fatto che alcuni argomenti che sono presentati come parte fondamentale del libro, vengono buttati lì senza poi dargli seguito e tu resti a fine libro con un pugno di mosche in mano (che schifo) a chiederti “ma quindi?” – come per esempio il socio/bastardo/ricattatore con cui fa affari Tristan.

Ma andiamo ad aggiungere perplessità su perplessità.
Esempio. La madre di Tristan, che fine fa? Fino ad un attimo prima lui se la voleva portare in India per salvarla dal padre, poi viene fuori che un’amica d’infanzia la fa espatriare e non se ne parla più. La tanto adorata madre. Bah!
E se fosse solo questo saremmo comunque a cavallo perchè fossero questi i problemi di un libro……ma no, la cara Evie invece ci mette il caricone da novanta creando due personaggi che alla fine della fiera non sono nemmeno riuscita ad inquadrare.

Partiamo dalle prime pagine, che poi dovrebbero essere il fulcro di tutto, ossia quando Pel di carota Tristan si innamora della bella e glaciale Lucinda.
Due coglioni!
Sembrano scritte da una quindicenne alle prime esperienze di scrittura. Lui la vede e se ne innamora, così, immediatamente ma sfiga vuole che fosse lì a sistemarsi la patta dei pantaloni e lei lo vede con tutto aperto e gli tira un ceffone.
…..
….
Ma DIOBONO, non ti viene in mente niente di meglio?
Evidentemente no.
E questo schiaffone è il motore di tutta la storia perchè lui, da quel momento, penserà sempre e solo a lei.

Ma lasciando stare la bassezza di questo espediente, lui avrebbe potuto essere la Caramella Rossana del 2022 perchè sia nel libro precedente, che nei primi capitoli di questo, ci viene descritto come un libertino senza cuore, scopatore seriale e cinico Maschio Alpha, fisicamente dotatissimo e maestro delle arti amatorie. Lui che da pel di carota si è trasformato in un maschio di prima categoria, capelli con riflessi ramati (sono da sempre la mia passione), spalle larghe e fianchi stretti, muscoli e tatuaggi, eroe di guerra…
…. in pratica avevo già indossato le ginocchiere, ma giusto un attimo prima di chinarmi di fronte a tanta statuaria beltade, ecco la verità.

E’ tutto finto.
Lui non è un libertino, ha finto tutto per far incazzare il padre.

Ma porca di quella puttanazza!
Perchè mi rovini il maschio così?
E da quel momento in poi è una discesa agli inferi a partire dalla mortagigne di figa che lo attanaglia alle molteplici sad stories che caratterizzano la vita di quest’uomo. Che poi va bene, povero piccolo malmenato dal padre padrone, malcagato perchè secondogenito e bla….bla….bla…bla…. innamorato della fiera Lucie che manco lo caga, amante dei gattini. CRISTO!!!! Amante dei gattini.
Già mi immagino un suo profilo Facebook pieno di “Buongiornissimo caffè con i gatti”.
No Maria, io esco.
Uno che per poco si rifiuta di sverginare la donna che ama da 12 anni perchè lui è un uomo d’onore.
Mi viene da piangere.

Lei invece è una convintona che ha vissuto esperienze traumatizzanti da giovane, ha visto sua madre perennemente cornuta e frustrata ed ha giurato che lei così non ci vuole finire. Ed è sempre un personaggio interessante la nostra Lucinda, nonostante resti comunque meno approfondito di quello che avrebbe potuto essere perchè l’autrice è chiaramente confusa, non sa bene che strada prendere, non vuole essere eccessivamente moderna per l’epoca ma nemmeno troppo reazionaria. Quindi sì alla relazione clandestina ma no al matrimonio.
Spoiler, si sposeranno.

E questa fatica a prendere posizione si sente tutta. Come si sente tutta l’ossessione per la paura di non dedicarsi completamente alla causa, una paura che tutto sommato, nonostante le esagerazioni, è lecita e devo dire che forse una delle poche occasioni in cui Tristan si dimostra un personaggio interessante e sfaccettato è proprio nel momento in cui capisce cosa prova Lucy all’idea di quello che potrebbe perdere sposandosi.
In questo frangente ci troviamo di fronte ad un uomo maturo e consapevole di quello che vuole per se stesso e per la donna che ama, un uomo che non esita ad appoggiarla e a sostenerla nella sua difficile battaglia.
Si…va bene, molto bello ma anche che due palle.
Infatti i momenti migliori del libro se li prende sempre Lucy.

Quando lo schiaffeggia al primo incontro.
Quando si fa trovare nuda, coperta solo dalla vestaglia in casa sua e lo implora di sverginarla.
Quando in una scena di Dirtydancinghiana memoria piomba nella stanza dove stanno accusando Tristan di aver compromesso la cugina e dice “Non è possibile che fosse a letto con Cecily, perchè ha passato tutta la notte con me”*

Però resta comunque l’amaro in bocca perchè avrebbe potuto essere una bellissima storia ed invece ci sono momenti molto ben riusciti ed altri decisamente sotto tono. O sono lenti da morire, o sono confusi al punto che alcune frasi non hanno nè capo nè coda, oppure sono talmente banali da chiedersi se sia la stessa scrittrice del primo libro della serie.

Io capisco che una volta che trovi il filone d’oro devi insistere a scavare per trarne il maggior profitto, però cazzo un editore dovrebbe comunque metterci mano e farti rifare il lavoro finchè non ne esce qualcosa di buono.
Qui le cose non funzionano.
Non è nemmeno un brutto libro ma è mediocre e la sensazione è quella di un’occasione buttata nel cesso. E io di occasioni buttate nel cesso ne ho anche un po’ piene le balle.

Quindi io potrei consigliarvi di non leggerlo perchè a mio parere non vi perdete assolutamente nulla. Non c’è negli incontri tra i due “ribelli” nulla di particolarmente conturbante, forse solo in un paio di occasioni si avverte una certa scintilla.
Tutto il resto, come direbbe Califano, è noia.
Persino il tema del femminismo che è stato trattato molto bene nel libro precedente qui risulta confuso e in alcuni momenti, purtroppo, assolutamente superfluo.

Tra l’altro se è vero che si scopa spesso, è anche vero che perchè i due si bacino e si struscino, ci vuole una vita. Vita che già in questo periodo trovo particolarmente faticosa, se poi mi fai sudare anche le slinguazzate allora mi vuoi male; Evie….dillo che vuoi vedermi morta.
Inutile dire anche che si parte con la leccata di gnagna. Era un po’ che questa pratica restava un po’ in sospeso, pensavo fosse passata di moda ma no, è ancora lì in prima fila per avvicinare gradualmente le pulzelle alle gioie del sesso. Sei vergine? Te la lecco e te la mangio, d’altronde il detto dice “Se l’è secca, lecca” mica a caso.
Che poi è sempre tutto un grondare manco fossimo sotto un monsone…..

E stavo per dimenticare l’orgoglio di entrambi, i quali si amano appassionatamente ma non fanno altro che fingersi indifferenti, anzi in alcuni momenti proprio stronzi, ma non con quel sottile gioco al massacro che mi da sempre tante soddisfazioni, piuttosto come due bambini di due anni che non vogliono ammettere per primi con se stessi che hanno bisogno l’uno dell’altro.

Ed io che ormai sono vecchia già trovavo irritanti i Big Misunderstanding di Zia Judith, che bisogna riconoscere essere sempre ben costruiti ed inseriti in contesti di un certo calibro, figuratevi quanto mi possano piacere le incomprensioni buttate lì in un libro che alterna 3 pagine meravigliose a 50 appena decenti. In pratica ho passato il tempo cristando per poi ricredermi e riprendere a cristare poco dopo.

Così non va….non ho più l’età.

Poschina

Tagline – Verga turgida o non verga turgida, il buongiornissimo caffè con i gattini e poesia ve lo cedo volentieri.

*cit. Famosissima scena nella quale Babe va dai genitori e confessa di essersi fatta sbattere da Johnny per tutta la notte per salvarlo dalle accuse di aver rubato allo Sheldrake. Finirà con lei disperata che urla “E’ stato quindi tutto inutile? Mi sono umiliata davanti ai miei genitori per niente?” e poco dopo lui se ne va, con in sottofondo la straziante “She’s like the wind”.
Quante lacrime.
Che adolescenza meravigliosa.


Una Tentazione Pericolosa – Lisa Kleypas

Sono le 20.44 di un giovedì sera di una giornata piuttosto impegnativa, una giornata non uggiosa ma splendida e calda, una giornata che avrebbe meritato qualcosa di più di una cocente delusione letteraria.
Ma andiamo con ordine.
Avete presente quando andavate a casa della nonna e lei si lamentava sempre delle stesse cose? E voi, giovani virgulte, annuivate e intanto pensavate “Dio che palle! Avrei potuto essere in giro con le mie amiche e invece sono qui ad ascoltare questa vecchina alla quale voglio sì bene, ma che mi sta scartavetrando i coglioni!”.
Ecco, sappiate che se andate avanti a leggere sarà questa la sensazione che proverete, perchè questo libro ha accelerato il mio invecchiamento cerebrale trasformandomi nella vecchina che ho sempre desiderato essere.

La Trama: Lady Merritt Sterling è una giovane vedova dal forte carattere che guida la compagnia navale del defunto marito. La buona società londinese muore dalla voglia di vederla al centro di uno scandalo, ma lei è troppo sveglia per dare loro questa soddisfazione. Fino a quando non incontra Keir MacRae, un rude distillatore di whisky scozzese. Non potrebbero essere più diversi, eppure sono attratti in modo irresistibile. E la loro passione potrebbe mettere entrambi in pericolo…

Ed ora la parola alla giurata

Non è mai bello quando a me viene voglia di saltare righe, paragrafi, pagine, capitoli. Peggio mi sento quando ho voglia di saltare quelli nei quali si tromba. Passino la vecchiaia e la peri-menopausa, tutti sanno che non rinuncio mai ad una sana discussione su orgasmi e clitoridi, che amo leggere di verghe turgide e capezzoli di Vigorsoliana memoria, di guaine bollenti e spadoni sfoderati con audacia. Ebbene, i rapporti sessuali tra i due protagonisti li avrei evitati volentieri. Ok, sono in pre-ciclo, non il momento ideale a livello ormonale ma stavolta non è colpa mia. Stavolta è tutta solo colpa sua. Di Zia Lisa. Questa stronza.

SPOILER – che comunque vi consiglio di leggere pechè tanto il libro fa cagare

Cominciamo immediatamente a recriminare.
Per chi avesse dormito negli ultimi 20 anni faccio un piccolissimo recap della situazione:
in principio furono le zitelle (Wallflowers in inglese), 4 sfigate che chissà come e chissà quando riescono ad accalappiare uomini bellissimi, cazzutissimi, ricchissimi ed alcuni anche titolati. Idde ovviamente si sono riprodotte a nastro, generando una schiera di eredi dei quali oggi ci troviamo costrette a sorbire le gesta (4 volte su 5 completamente inutili o quasi). Prima fu Gabriel, grandissimi figo, figlio del mai dimenticato Sebastian St. Vincent e della dolce Evie, poi fu il turno di Phoebe, primogenita della coppia sopra citata e sorella di Gabriel (trovate le loro storie nella serie Ravenel) ora ci tocca la figlia di Lord Westcliff e Lilian Bowman, e dico “ci tocca” perchè per quanto mi riguarda è stato come avere un attacco di dissenteria.

Riflettendoci a posteriori, credo che Zia Lisa abbia scritto questo libro solo per me. Perchè diciamocelo, è riuscita nella difficile impresa di mettere nella stessa opera tutte le cose che più mi irritano nei romance. TUTTE. Solo su una ho qualche dubbio, ma solo perchè a fine libro ero così incazzata che non mi sono messa, calcolatrice alla mano, a fare i conti.

Partiamo dall’AAAAAAAAAMMMMOOOOORRREEEEEE.
Prima pagina del capitolo 1, ci viene introdotto il personaggio di Merrit, vedova paffutella (leggere Liz Taylor perrchè lo sappiamo tutti che paffutella in gergo romance significa graziosa pulzella minuta, formosa e con culo, cosce e tette di marmo) che gestisce la compagnia navale del defunto marito. Pagina 4 del primo capitolo, entra in scena Keir MacRae, scozzese di una fighezza immane, rude e impregnato di whisky dalla testa ai piedi, molto incazzato. Lei lo vede e si bagna immediatamente come un’adolescente di oggi di fronte a Damiano dei Maneskin mentre, truccato da moderno FrankNFurter, esclama “Fuck Putin” per accalappiarsi voti nella terra degli stereotipi per eccellenza; gli Stati Uniti D’America, che poi è la stessa nazione di Zia Lisa. Un caso? Non credo proprio.

Comunque…
Lo vede, si bagna, lui si eccita….e per una serie di coincidenze al limite del sostenibile lei lo vede nudo e indovinate un po’? Ha il cazzo grosso!
E siamo solo a pagina 10 o roba simile del primo capitolo.
In sequenza ci troviamo a subire una serie di espedienti comodi talmente raffazzonati ed esagerati da avermi fatto sperare che la Kleypas avesse deciso di mandare tutto in vacca e scrivere uno di quei libri sconclusionati, caotici, inverosimili ma genialmente divertenti.
NO.
Assolutamente NO.
Quindi a voi una breve lista degli avvenimenti.
I due idioti si strusciano e si eccitano a vicenda, lei che fino a un giorno prima era la Vergine di Norimberga ora squirta autonomamente e continuamente e di colpo, da moderna donna di fine ottocento, lo invita a casa a cena (leggasi “trombare”) e lui viene prima accoltellato, poi ricucito, poi trombano e la mattina dopo lui viene letteralmente fatto saltare in aria e per salvarsi si lancia da una finestra ma, strano a dirsi sopravvive e lei si finge sua fidanzata per poterlo curare ma lui perde la memoria. Non tutta, solo l’ultima settimana.

Quando finite di ridere ditemelo che vado avanti.
Fatto? Bene.
Sappiate che il peggio deve ancora venire.

Mi sono però dimenticata di dirvi una cosa fondamentale ossia che per un caso fortuito (aridaje) Keir ha incontrato il nostro adorato ex libertino Duca di Kingston il quale è rimasto molto turbato da questa conoscenza. Ora…..io non vorrei proprio fare quella figa di legno pedantona che sa tutto lei, ma lo faccio e vi dico che ho IMMEDIATAMENTE capito dove la nostra Lisetta voleva andare a parare. Zia Lisa vergognati.

Siamo arrivati al momento in cui Keir mezzo sfondato dalla caduta e smemorato giace sul divano di Merrit e chi arriva? Sì, lo Zio Sebastian; un personaggio meraviglioso, costruito con magistrale intelligenza una ventina di anni fa e distrutto nel giro di 200 pagine, perchè sì….cara la mia scrittrice ormai persa nei meandri della senilità, sei riuscita a ridurre un uomo sul quale ho perso ore a fantasticare ad una palla al cazzo galattica.
Hai già ribadito nei libri precedenti che grazie ad Evie l’ex libertino senza scrupoli è diventato un padre amorevole e una persona meravigliosa, non è che adesso me lo devi trasformare in Santo Mario Goretti a tutti i costi. Anche no, che palle!
E solo il fatto che io lo abbia idealizzato a tal punto da creare un monolito di marmo di Carrara ha permesso che resistesse all’attacco continuo del volemose bene, del buonismo, del puccismo e anche di quell’aura di perfezione così fastidiosa della quale ormai il Duca di Kingston è ricoperto dalla testa ai piedi.

Ma fosse solo questo il problema sarebbe anche sorvolabile – per una persona normale, perchè per me sarebbe comunque inaccettabile – purtroppo però i problemi qui sono tantissimi, a partire dai personaggi costruiti con carta riciclata per finire con la storia, che non ha nè capo nè coda, di una banalità sconcertante, che alterna momenti di noia intensa a momenti talmente assurdi da risultare fastidiosi. Per non parlare della sospensione d’incredulità che dovrebbe essere assoluta, al punto di ridurre il cervello del lettore in qualcosa di molto simile ad un’ameba.
Perchè non solo succedono una fracca di cose assurde ma anche i personaggi sono tutti assolutamente privi di qualsiasi logica.

Ad aggravare il tutto la Kleypas ha pensato bene di fare una bella riunione di famiglia, perchè ad un certo punto arrivano sia Lilian che Westcliff; tra l’altro lei trova la figlia mentre monta uno sconosciuto e la sua reazione sarebbe eccessivamente tollerante persino per una hippie convinta che strafatta di peyote si faceva ripassare dall’allegra cumpa. E se non bastasse arrivano Evie, Phoebe, Seraphina ed Ivo. Tutti amici, tutti simpatici, tutti zuccherosi e mielosi. E se questo zucchero e miele erano accettabili e sicuramente comprensibili quando servivano a far sentire a suo agio Pandora, ora appaiono forzati e sin troppo studiati.

Ad irritarmi ulteriormente c’è anche la gravidanza della protagonista che ci starebbe anche se non fosse che per tutto il libro ci è stato ripetuto fino alla nausea che Merrit ha un problema all’utero che le ha impedito di restare incinta con il primo marito, cosa che lo ha fatto molto soffrire quindi ora è una povera donna che è reticente nello sposarsi nuovamente perchè porta con se l’onta della sterilità (da quello che riferisce potrebbe avere avuto l’endometriosi o l’adenomiosi), quindi ci dobbiamo sciroppare un sacco di discorsi sul tema. E non ci sarebbe nulla di male se poi queste donne sterili lo restassero anche dopo essere state inondate ripetutamente dal supersperma. Non perchè io goda dell’infertilità altrui (anzi, mi incazzo proprio perchè se ne abusa a sproposito) ma perchè non comprendo questi cazzo di miracoli continui. Non c’è romance nel quale una donna sterile non resti gravida dopo una ripassata dell’eroe di turno. Cazzo eiaculano, l’acqua di Lourdes?

Sappiate anche che c’è tempo per un finale a dir poco deludente perchè sembra che debba succedere chissà cosa ed invece poi non succede nulla. Semplicemente il libro finisce.
Così.
Come una scoreggia scappata per caso.

Da una parte mi sono sentita sollevata perchè non ne potevo davvero più, dall’altra ho pensato “Figa, con 11 € pranzavo fuori per 3 giorni”.

Le cose che non funzionano sono tante.
Troppe per una scrittrice come la Kleypas dalla quale mi aspetto sempre molto. Sembra uno dei tanti romance senza capo nè coda che vengono pubblicati sempre più spesso. Anche il ricorrere all’espediente comodo di usare Sebastian per tenere incollate alle pagine le vecchie carampane come me ha un po’ rotto le palle, anche perchè di libro in libro quest’uomo assume sempre più un’aura mitologica, poco realistica e alla lunga invece di stimolare l’effetto amarcord viene voglia di dargli una martellata sui denti, anche perchè anche in questo libro non fanno che ripeterci che lui e Evie passano il tempo trombando come due 25enni e nessuno con un pò di raziocinio ci crederebbe mai. Va bene tutto ma questo che alla sua età scopa per 3 ore alla volta, 4 volte a notte si fa fatica solo a leggerlo, figurarsi a farlo.

E’ il classico libro del quale NESSUNO sentiva il bisogno.
E sorvolo sul grande segreto del libro perchè è veramente quel genere di cazzata che avrei potuto scrivere io a 20 anni.
Non so se il problema sia mio o se sia di Zia Lisa ma sembra un libro scritto di fretta, senza alcun sentimento, un libro comodo per fare cassa, un compitino svolto per prendere la sufficienza. In alcuni passi si scorge qualcosa della vecchia Lisa ma è l’ombra di quello che era. Una scrittrice che ha creato dei personaggi memorabili e che ora non riesce a creare nemmeno un protagonista che si ricordi per caratteristiche proprie (se leggerete il libro capirete cosa intendo), le sue donne erano diverse, particolari, interessanti ed ora sono un’imitazione di quello che fu.

Conoscendomi alla fine comprerò anche il prossimo libro perchè spero sempre di riprovare quelle sensazioni, di sentire quel brivido……di sospirare ancora come quando in “Peccati d’Inverno” Evie si sveglia mentre Sebastian la lecca tutta.
Ecco cosa voglio, voglio la passione, voglio uomini caramella Rossana, voglio restare incollata alle pagine e centellinare le ultime perchè non voglio staccarmi dal libro, dai personaggi, dalla storia.
Di una cosa sono certa, tra vent’anni ricorderò perfettamente ogni sfumatura di St, Vincent e tra un mese non ricorderò nemmeno il nome di MacRae.

In poche parole

Più che un libro sembra una scoreggia scappata per caso.

Poschina

Libri a Confronto. Un nuovo modo di passare la serata in attesa della Champions League.

Sono le 20 e 13 di un martedì sera di una bella giornata novembrina. Oggi è il giorno dei morti e il mio umore è perfettamente in linea. Da quando non faccio più “Il lavoro più vecchio del mondo” mi sono un po’ spenta. Perchè nonostante tutto il lavoro di segretaria prevede una certa creatività….oddio….mi lamentavo sempre di fare un lavoro di merda che abbatteva ogni anelito artistico/creativo in me ma questo era prima di lavorare in tesoreria. Ancora non sapevo….povera ingenua.

Detto questo passiamo a come occupare i prossimi 45 minuti.
Cominciamo con il dire che mi ero ormai arresa all’idea di non poter mai più leggere un romance storico che smuovesse nel profondo i miei ormoni e che non mi facesse smadonnare dalla prima all’ultima pagina. Vabbè…ultima….l’ultima prima di mollare tutto senza troppe paranoie.

Siamo ancora in piena pandemia Covid, io ormai ne ho davvero i coglioni pieni e no, non si vede la fine quindi me la devo far andare giù; il femminismo pop-corn impera e sono costretta a leggere roba tipo “Free bleeding” e “Patriarcato” ogni volta che cerco di informarmi su cosa sta succedendo nel resto del mondo; Fedez è diventato il filosofo del gender fluid; i miei figli sono due bestie di Satana e comincia anche a fare freddo. Capirete tutte che di materiale per piangere ce n’è in abbondanza.
Se ci aggiungete l’ossessione delle scrittrici romance per la “Questione Femminile” allora abbiamo fatto BINGO.

In questo clima di rigetto del femminismo spiccio incappo del tutto casualmente in due libri che parlano, guarda caso, di suffragette. Uno, il primo che ho letto, non l’ho nemmeno finito, il secondo mi ha fatto quasi urlare al miracolo. Allora ho pensato di fare una recensione di entrambi contemporaneamente, anche se non so se sia cosa buona e giusta. Cioè potrebbe non sembrare carino far notare quanto un libro mi è piaciuto più di un altro e magari qualcuno potrebbe offendersi….

…..poi però ho pensato che questo retro-pensiero (scusate il gioco di parole) è proprio quello che mi irrita mortalmente dei tempi che corrono e quindi mi sono detta “Ma sì, dai. Almeno tu sii sincera” e allora via….. Cominciamo.

La Seconda Moglie – Juls Way

La Trama: Londra, 1899.
All’alba del nuovo secolo, lady Lavinia Roseland, figlia del Conte di Carvanon, è costretta a un matrimonio combinato con lord Edward Montegue. Un’unione nata male in partenza: lei ha una reputazione macchiata, un carattere terribile e una lingua ben affilata; lui, vedovo e con una carriera politica da portare avanti, la vorrebbe tenera e devota. Tuttavia, Edward non è immune al fascino di Lavinia che, con le sue mise maschili, si fa ambasciatrice di idee nuove e rivoluzionarie. Ad avvicinarli sarà la strana e improvvisa sparizione del padre di lei. Marito e moglie si ritroveranno così nella romantica Cornovaglia, ospiti di una tenuta ricca di misteri, per scoprire vecchi e nuovi intrighi della famiglia Carvanon.

Ed ora la parola alla giurata – spoileronissimi

Da dove comincio?
Quello di Juls Way non è un brutto libro. Non è un brutto esordio. Non è da buttare.
Ma è un libro che non sono riuscita a finire, non ho provato quel trasporto e quel coinvolgimento che cerco disperatamente quando leggo.
Lavinia ci viene presentata come una suffragetta particolarmente convinta delle sue idee, ribelle e anticonformista, sulla carta sarebbe un personaggio della madonna. Mentre Edward dovrebbe essere un compassatissimo Lord tutto ghiaccio e razionalità…ed in effetti così appare. In pratica però quello che ci troviamo a leggere è la storia di due tizi che non fanno altro che litigare in quella che, ovviamente, altro non è che la manifestazione di una fortissima attrazione reciproca che, altrettanto ovviamente, sfocerà prima o poi in trombate cosmiche ed orgasmi come se piovesse.

L’impressione che ho avuto fin troppo spesso è che si passasse da una situazione all’altra senza soluzione di continuità. Esempio: litigano una sera e il capitolo si conclude con i due sposini che manco si parlano mentre il capitolo dopo comincia in un tempo non specificato nel quale la situazione è tornata più o meno alla normalità. Per non parlare del fatto che i personaggi principali sono dati per scontato….o meglio, sembra che il lettore debba sapere già qualcosa che però, in effetti egli non sa. Quindi tu leggi e ti chiedi “Ma perchè fa così?” eppure tutti gli altri personaggi ne parlano e reagiscono ai comportamenti come se fosse perfettamente normale. E tu resti lì, immobile, a chiederti dove ti sei persa.

Sorvoliamo sui comprimari assolutamente fuori dal tempo….come il segretario o il valletto che si permettono commenti o ammiccamenti degni di una fiction del nuovo millennio, altro che fine 800.

E poi il femminismo.
Lei è una femminista convinta.
Beve, fuma, si veste da uomo, usa i pantaloni…. insomma tutto il corollario.
Ma a parte questo il tema del femminismo è esclusivamente un pretesto per far litigare i due. Non è approfondito, non risulta interessante e tutta questa ribellione che non si capisce dove cazzo va a finire visto che idda passa il tempo a cercare di compiacere il maritino.

Ah, vogliamo dimenticare la Sad Story?
Ma anche no, quindi lui era sposato con una donna debole, sfigata e sterile che poi è schiattata….e questo lo ha indurito (non in quel senso purtroppo anche se ovviamente si ciula).
Ma la vera nota dolente è quello che dovrebbe essere il motore della storia, ossia la sparizione del padre di lei con conseguente ricerca, con conseguente rapimento con conseguente liberazione rocambolesca ed assolutamente poco realistica da parte della pulzella con conseguente ti amo ma quanto ti amo. Momento nel quale la sottoscritta ha abbandonato il libro senza alcun rimorso.

Vena polemica di oggi: 5 stelle su Amazon? Seriously? Lasciando stare la trama perchè ognuno ha i suoi giusti e a me può non appassionare qualcosa che ad altri invece fa sgocciolare le mutande, qui ci troviamo di fronte ad una scrittura non basica ma nemmeno ricercata. A volte sembra proprio che i pensieri non siano perfettamente collegati, non so se a causa di un editing particolarmente tranciante o se è proprio lo stile di scrittura. Resta il fatto il 27% di quelli che hanno recensito il libro ha dato 5 stelle. Ed io vi dico, se siete connessi vi prego contattatemi che ne parliamo con calma e cerchiamo di capirci, perchè così….con questa profusione di adulazioni, non si può andare avanti.

Voto: 5 – A mio parere poco più di un Harmony non tanto per i contenuti quanto per il modo in cui sono espressi. Io questa moda delle frasi semplici per non urtare la sensibilità cerebrale del lettore non la reggo più. Luttazzi/Luisella avrebbe detto “Questo libro varrà scritto in forma ridotta per venire in contro alle vostre facoltà mentali”. Amen.

La Resa del Duca – Evie Dunmore

La Trama: Inghilterra, 1879
La brillante Annabelle Archer è fra le prime donne a essere ammessa all’Università di Oxford, un privilegio rarissimo, soprattutto per lei, figlia di un parroco di campagna. In cambio della borsa di studio, però, dovrà sostenere la causa per il suffragio femminile, reclutando uomini influenti disposti ad appoggiare il movimento. Il suo primo obiettivo è Sebastian Devereux, il freddo Duca di Montgomery che la Regina Vittoria ha scelto come consigliere per la campagna elettorale dei Conservatori. Ma la sfida più grande per Annabelle sarà resistere alla potente attrazione che la spinge tra le braccia di quell’esasperante, caparbio e avvenente uomo che si oppone a tutto ciò per cui lei lotta.

Ed ora la parola alla giurata – spoileretti

Cazzo!
Era ora.
Gira e rigira sembra impossibile oggi incappare in un libro che non parli di questione femminile. Solitamente se ne parla malissimo. Nel senso che viene lasciato tutto così, sullo sfondo senza troppi approfondimenti. Ora non dico che bisognerebbe arrivare a scrivere il nuovo “Secondo sesso”* ma cazzarola se lei è una femminista che sia una cazzo di femminista, che si parli di suffragette, che si contestualizzi il discorso politico.

Tutte cose che in questo libro ci sono.
Annabelle non è una suffragetta per scelta; pur appoggiando le idee del movimento non è affatto una convintona tutta peli, baffi e bruttezza ma una tizia che accetta di sostenere il movimento “femminista” in cambio del loro patrocinio all’Università. Infatti Annabelle è un’intellettuale. Certo, dentro è una ribelle o comunque una ragazza di campagna che non la manda a dire, ma il suo interesse primario è studiare.

Siccome però l’iscrizione la paga il Movimento, lei è costretta a frequentare le riunioni delle suffragette e a sostenere un disegno di legge che chiedeva che le donne avessero diritto di mantenere i propri beni dopo il matrimonio e, di conseguenza, in un futuro non lontano, anche di poter votare (all’epoca poteva votare solo chi era in possesso di beni…ossia gli uomini). Postillina….. all’epoca il movimento suffragista era composto principalmente da donne appartenenti alle classi alte, quindi Annabelle si trova a contatto con la High Society, pur non facendone direttamente parte.
Un giorno per caso mentre, detto volgarmente, fanno volantinaggio in piazza, Annabelle incontra e si scontra con il Duca di Montgomery (Sebastian); lei gli sbatte contro, lui la sorregge per non farla cadere e lì parte la scarica erotica. La sentono loro, la sento io, la sente il mio vicino in treno….insomma. Qualcosa c’è stato.

Passa il tempo e per un caso (il caso non esiste), Sebastian se la trova in casa ospite del fratello e la scambia per una sgualdrina approfittatrice. Ne nasce una discussione che porta i due ad interfacciarsi, ad annusarsi, a lanciarsi in interessanti frecciatine cerebro-sessuali e noi siamo lì a guardare dal buco della serratura e a sbavare come lumache, perchè Sebastian è un Sebastian in tutto e per tutto quindi è bellissimo, fisicatissimo, intelligentissimo, apparentemente glaciale ma, ne siamo più che certe, un grandissimo scopatore capace di farti orgasmare solo guardandoti.
E noi, porche del nuovo millennio, donne cresciute a pane e patriarcato, aneliamo uomini del genere. Maschi muscolosi e ben dotati che ci soddisfano anche solo ad osservarli da lontano. Uomini ricchissimi e coltissimi che apprezzano le donne con le palle e che riescono a renderle arrendevoli con la sola punta delle dita. Oh, Sebastian….quanto mi ci volevi.

Ma fosse solo il discorso “Sebastian” non basterebbe.
Qui si parla di un libro scritto bene, intelligente ed interessante, che ci regala uno spaccato degli albori del movimento suffragista inglese, che riesce ad essere storico nel vero senso della parola e non solo perchè le donne usano i corsetti, che ci permette di godere dell’effetto voyeurismo per quanto riguarda la storia di AAAAMMMMMMOOOOOREEEEEE e anche di acculturarci un po’ su un movimento, quello femminista, del quale purtroppo sappiamo troppo poco e pure troppo male.

Fiction e Storia vengono intrecciate molto bene, chiaramente non è una lezione di Barbero quindi il tema storico del femminismo viene preso in un determinato momento, senza davvero contestualizzarlo in un periodo socio economico più ampio, ma vi assicuro che è comunque trattato con il dovuto rispetto e non buttato lì per caso.

Degna di nota è anche l’evoluzione dei personaggi sia singolarmente che come coppia. Cioè…se non l’avete ancora capito DOVETE leggerlo. Dovete dirmi cosa ne pensate e dovete farlo il prima possibile perchè dovrebbe uscire il secondo della serie, non so quando e non so come ma io lo aspetto con ansia.
Ormai è raro trovare dei romance storici scritti e sviluppati così bene.
Gli si perdona persino il fatto che i due innamorati appartengano a due ambienti così diversi da rendere nella realtà impossibile il coronarsi del loro sogno d’amore. Ma davvero poco importa, a questo libro e a questa scrittrice si perdona tutto (quantomeno oggi).
Belle le ambientazioni, belli i personaggi, interessante il contesto storico, non banale la scrittura.
Una roba che non si vedeva dai tempi d’oro.
Ormai non ci speravo più.

Ah, quasi dimenticavo.
Qui si tromba e si gronda sesso. Cioè gronda lei, si marmorizza lui e tu sbavi come se non ci fosse un domani. Incontri hot, coiti interrotti, passione, tenerezza, intimità.
Si vabbè….è pure quasi troppo.
Ma no, dai…chi se la beve, va benissimo così.

Voto: 8,5 – Impressionante la capacità di tenermi letteralmente incollata alle pagine. E non solo perchè lui è un Sebastian** con i controcoglioni, ma proprio per tutto l’insieme. Mica cazzi!

Poschina

Per chi di voi ha tempo….
* Il Secondo Sesso – https://it.wikipedia.org/wiki/Il_secondo_sesso

** Gli altri Sebastian sono il mai dimenticato Lord St. Vincent di “Peccati d’Inverno” della Kleypas ed il malvagio e inarrivabile Visconte di Valmont de “Le Relazioni Pericolose”.

Ventimila Leghe sotto i Mari – Jules Verne

Per farvi capire quanto la mia nomea di sbrodolatrice mi preceda, metà dei miei amici quando ho postato la foto della copertina su Instagram, aveva letto “Seghe” al posto di Leghe. Comunque……

Ed ora la parola alla giurata

20Mila leghe sotto i mari è il secondo libro di una trilogia.
Non ho letto il primo (I figli del Capitano Grant) e nemmeno il terzo (L’Isola Misteriosa) indi per cui scriverò questa recensione basandomi solo ed esclusivamente di quanto ho letto con i miei occhi, alcune considerazioni più tecniche le farò alla fine, coadiuvata da quanto scoperto in rete.

La storia la conosciamo tutti: un naturalista francese decide di unirsi ad una spedizione oceanica alla ricerca di un enorme narvalo che ha attaccato alcune navi. Fine.

Premessa fondamentale.
Il libro è stato scritto nella seconda metà del 1800, quindi prima che esistessero i documentari in 4k, ergo bisogna tenere presente che è destinato ad un pubblico di lettori che non aveva mai visto e nemmeno immaginato cosa ci fosse effettivamente sotto la superficie dell’acqua. Da qui l’esigenza di soffermarsi su intense descrizioni di pesci, paesaggi e dissertazioni scientifiche. Siamo anche nell’epoca nella quale l’uomo sciente dominava la natura selvaggia, si cominciano a vedere i frutti della ricerca scientifica, si esplora, si gira il mondo e tanto di quello che si vede e si sente è nuovo, meraviglioso/spaventoso, interessante. Quindi non rompete il cazzo con voti da 1 stellina perché ci sono lunghe descrizioni degli abissi e di come funzionano i vari macchinari.

La prima nota positiva che mi balza immediatamente agli occhi è che è un libro fatto da uomini, per uomini, che parla di uomini che fanno cose da uomini, ma non “uomini” inteso come esseri umani in generale, ma proprio maschi, XY sì, insomma…… col pene.

E dopo mesi, anzi anni, di femminismo scadente, di svirilizzazione generalizzata, di quote rosa, di battaglie per abbassare l’IVA sugli assorbenti e free bleeding, mi trovo immersa in un racconto nel quale le donne (le femmine XX) non esistono.
Fuori dai coglioni (da leggere scandendo bene le parole).
Era ora.
Qui, di “questioni femminili” non frega un cazzo a nessuno.

E’, dalla prima pagina all’ultima, un’estenuante lotta a chi ce l’ha più lungo che poi è esattamente quello di cui tutti noi sentiamo l’esigenza, è precisamente come un libro scritto da uomini, per uomini (col pene), dovrebbe essere. Testosterone che gronda ovunque, coraggio, rabbia, virilità, maschia sensibilità.
E buona pace per Fedez che cavalca l’onda del politically correct e del gender free mettendosi delle ridicole scarpe che alla mia epoca, fortunatamente priva di scrupoli, avremmo definito senza mezzi termini “da travone”.

Ma la domanda fondamentale, quella che in realtà tutte voi state aspettando è una sola.
Alla fine della fiera, Nemo, è scopabile o no?

Ebbene sì.
Il nostro narratore ce lo descrive come un bell’uomo dai tratti mediterranei*, affascinante, silenzioso, MASCHIO, ombroso, sociopatico (in pratica l’uomo che ogni donna anela nel suo animo più profondo). L’unica cosa che mi ha impedito di innamorarmi profondamente ed eternamente di lui è la sua passione/ossessione per il mare. Io, sul Nautilus, avrei retto sì e no due secondi prima di svomitazzare a destra e a sinistra, trasformandomi in un essere pallido, sudaticcio, irascibile, inavvicinabile e decisamente poco sexy, costringendolo a sfogare le sue doti amatorie con un mozzo. Capite che tra noi non ci sarebbe proprio storia.

Ma se fingiamo per un attimo che io sia una creatura amante del rollio delle navi, allora sì che mi sarei fatta fare cose strane a 1000 mt di profondità, perché Nemo è, a tutti gli effetti, un Maschio Alpha con tutte le lettere maiuscole e sarebbe un meraviglioso eroe Romance come non se ne vedono più.

Egli è infatti tormentato, bellissimo (questo lo dico io), cazzutissimo, con una sad story da manuale che però non ci verrà mai e poi mai svelata, accrescendo in noi la voglia di sapere di più, di capire, di scavare, di tappare i buchi (come le dico io, nessuno mai), di riempire i suoi vuoti… Lui non teme nulla, non si fa abbattere da nulla, difende gli oppressi ed anzi è egli stesso un oppresso, come ci ripete più volte durante la narrazione. Odia gli uomini, si è isolato dalla società dei suoi simili che ormai disprezza (e non aveva ancora visto la gestione della pandemia di Covid-19), ha accumulato ricchezze in ogni dove e soprattutto, sopra ogni altra considerazione, lui ha sete di vendetta.

Ah, la dolce vendetta.
Quanti ricordi….vi dice qualcosa il nome Edmond Dantes?
E giù sbrodolate.

Ovviamente sulla fantomatica lotta per chi ce l’ha più lungo, basterebbe la descrizione del Nautilus per far vincere a mani basse il nostro buon Nemo, perché il sommergibile è enorme, lungo, strutturato ed ultramoderno e garantisce prestazioni degne di nota. E se questo non è un metaforone della personalità del suo capitano, io sono Santa Maria Goretti.
Metafore e spottoni pseudosessuali a parte, Nemo ha uno scopo che è appunto la vendetta e per perpetrarla non si fa alcuno scrupolo. Distrugge, depreda, ammazza. Perché a lui, del politically correct non interessa nulla. Lui ha uno scopo e raggiungerlo è in effetti l’unica cosa che conta. Se poi questo significa abbattere tutte le navi dell’Impero Britannico pazienza, il problema non è suo.

Non si deve pensare però che Nemo sia un uomo insensibile e freddo perché non è così. Si commuove e soffre per le minoranze, per gli sfruttati, per i poveri e i dominati. Egli è una specie di angelo vendicatore di quei popoli che vivono sotto il dominio brutale di imperialisti e colonizzatori. Piange addirittura e lo fa, grazie a dio, senza dare lunghe e noiose spiegazioni. Si commuove come è giusto che sia, senza eccessive smancerie…. In breve ce lo faremmo lo stesso, anche leggermente piagnucolante.

Egli è un filosofo, uno scienziato, un ingegnere, un pioniere, ma soprattutto un ribelle.
Nel senso più puro del termine.

E’ sicuramente un bell’esempio di uomo da dare ai nostri figli.
Cioè immaginatevi di dover dare a vostro figlio 15enne un esempio maschile da seguire ed avete a disposizione solo due alternative:

– Fedez: Un personaggio dello spettacolo che, essendo estremamente scadente in quello che dovrebbe dargli il pane da mettere in tavola, decide di fare cose come mettersi lo smalto e dire che è una cosa figa.
– Il Capitano Nemo: Percorre i mari depredando e ammazzando per difendere i suoi principi, liberare gli oppressi e vendicarsi contro il Sistema.

Ecco appunto, scelta estremamente semplice.

Chiaramente non è un libro per tutti, nel senso che se siete abituati a leggere roba moderna senza mai, nemmeno per sbaglio, una descrizione, qui vi sparate un colpo dopo 5 pagine. Abbondano le minuziosissime catalogazioni dei pesci che si vedono, dei coralli, delle alghe e via dicendo. Per non parlare dei calcoli matematici che ad un certo punto diventano perno dell’intera vicenda.
Ma vi assicuro che tutto ciò è giusto che ci sia, non stona, non opprime. E’ parte del tempo in cui il libro è stato scritto.

Non vi dirò come finisce, la maggior parte di voi lo sa già e chi lo vuole leggere ha il diritto di godersi le ultime pagine di questo bellissimo libro. Diciamo che ha un finale sospeso, che poi come tutti voi sapete, è proprio il tipo di finale che preferisco.

C’è un’enorme grandezza in questo libro ed è quella di non dire, di non raccontare, di non sviscerare.
Lasciare che il lettore resti con il dubbio di cosa abbia portato Nemo a decisioni così radicali, intuire ma non sapere, immaginare senza vedere. Dio…..quale maestria. Ormai in disuso l’espediente del “non dire” è, in alcune circostanze, la chiave per affascinare e tenere gente come me per giorni interi a fantasticare su cosa fosse effettivamente successo. Alla fine, ma proprio alla fine, solo un piccolo particolare viene svelato; particolare che peraltro si era già intuito da quanto detto dal Capitano nel resto del libro, ma anche quella rivelazione, o dovremmo dire conferma, non rivela proprio tutto. Ed è quel “tutto” che noi non sapremo mai a riempirci di gioia.

In Poche parole:

Alla fine della fiera, resta una sola certezza, ossia che ad avercelo più lungo (e anche per distacco) era, il va sans dire, proprio il Capitano Nemo.

Postille varie

1 – *Nella prima versione del libro, Nemo avrebbe dovuto essere caucasico ma per motivi politici l’editore obbligò Verne a farlo diventare Indiano, nonostante nel libro le sue descrizioni fisiche siano vagamente incompatibili con la presunta nazionalità. Corsi e ricorsi storici direbbe qualcuno.

2 – Per farvi capire quanto è maschio questo libro vi faccio presente che l’unica donna che si vede è dipinta in un quadro e che suddetto quadro si scorge appena.

3 – Libro non adatto ai vegetariani, qui gli animali si ammazzano e si mangiano con gusto. Amen.

4 – Il libro è molto profondo e permette differenti livelli di lettura, da quello puramente ludico per bambini/ragazzini a quello filosofico per noi vecchiacci. Godeteveli entrambi.

5 – Questo libro è pieno di Bromance

Poschina

Nobildonna per finta – Eva Leigh

Approdo a questo mese di Aprile sfiancata dalla chiusura delle scuole, dalle restrizioni dovute alla pandemia, dall’inverno che non finisce e, come di consueto, dal lavoro. Un lavoro che mi sono trovata a fare mio malgrado e che spesso mi fa rimpiangere il mio vecchio lavoro….quello più antico del mondo: la Segretaria.

Tra rimpianti e recriminazioni, mascherine FFP2, chirurgiche, di stoffa e metaforiche, ho provato a dedicarmi alla lettura del mio genere preferito, scontrandomi ancora una volta con banalità, pucciosismi, sesso scarso, pochezza di scrittura e sperticate lodi su Amazon, evidentemente figlie di una scarsissima conoscenza del genere o amicizia con la scrittrice di turno. La cosa più difficile da digerire è stato un libro che, senza alcuna vergogna apparente, ha saccheggiato [siamo oneste, qui siamo al limite del plagio e secondo me andrebbe ritirato dal commercio] “La Pedina Scambiata” della meravigliosa Heyer, al punto da avere non solo una storia simile ma anche scene simili, dialoghi simili, situazioni simili. E per simili intendo IDENTICHE. Inutile a dirsi, manca tutto il resto. Scrittura debole, personaggi appena accennati, un novello Duca di Avon che non sarebbe degno nemmeno di leccargli le scarpe e via dicendo. Una rabbia e una delusione pazzeschi. Scrittrice che potrebbe essere italica, Amelia J. Parker e titolo: L’Angelo e il Duca. NON compratelo.

Detto questo passiamo a noi e affrontiamo il libro che mi ha intrattenuta negli ultimi due giorni:

Ricordiamoci tutti il mantra “Brutta cover fa buon libro”

La Trama:

Inghilterra, 1817
Quello appena passato è stato un anno di dolorose sventure per Jessica McGale, che non solo ha perduto i genitori, ma ha visto gran parte della loro fattoria bruciare in un incendio. Ora l’azienda di famiglia ha un disperato bisogno di investitori per ripartire. Benché Jessica sia brillante, intraprendente e determinata, è consapevole che nessun membro dell’aristocrazia londinese degnerebbe della minima considerazione una donna di origini tanto umili. Per questo decide di presentarsi in società come Lady Whitfield, entrando così in contatto con le persone più ricche e potenti del Paese e in particolare con l’affascinante Duca di Rotherby, la cui influenza potrebbe offrire un grande contributo alla sua causa. Jessica, però, non immagina lo sconvolgente effetto che avrà su di lei.

Ed ora la parola alla giurata – Spoilerissimi

Non so nemmeno da dove cominciare.
La storia inizia presentandoci il giovane Noel, nel preciso momento in cui si rende conto che fare l’erede spocchioso e altezzoso non è cosa buona e giusta e diventa amico di quelli che formeranno poi “Il Club dei Libertini”. Infatti questo è il secondo romanzo di una serie (il primo lo sto recuperando) che si chiama proprio come il Club fondato dai fustacchioni, quindi se volete cercare in rete informazioni avete in mano la chiave che vi aprirà tutte le porte.

Cmq.

Qui siamo in una parte del romance a me nuova.
C’è una protagonista con una Sad Story che onestamente un po’ riesce anche a convincermi e tutta la prima parte del libro, quella in cui Jess cerca un modo per trovare finanziatori e si dispera perchè è una “figlia del popolino” e nessuno la caga, funziona.
In breve dopo che i genitori sono schiattati e la fattoria/fabbrica di sapone è bruciata, Jess diventa la dama di compagnia di una Lady che la manda a Londra per preparare la magione in vista del suo arrivo un paio di giorni a seguire.
Ma poi…..come direbbe Nando Martellone….

La Contessa di Stocazzo si fa male e non può raggiungere la servetta a Londra ma è costretta rimanere confinata in campagna.
La nostra Jess, che è donna pienissima di iniziativa (in ogni senso) decide di fingersi nobildonna e decide di intrufolarsi al Bazar ossia un evento di 5 giorni nei quali un gruppo di nobili danarosi ascolta le proposte di investimento di gente di ogni tipo per valutare come sprecare o raddoppiare il proprio denaro.

Ora…a noi come riesca ad infiltrarsi interessa poco.
A noi interessa come Noel, descritto come il Libertino dei Libertini, che tutta Londra segue come se fosse un novello Messia e che tutti stimano a non finire, si trasformi in quel morto di figa che impareremo a conoscere così bene andando avanti nel romanzo.
Quando Noel, Duca di Rotherby [mica cazzi], posa gli occhi su Jess, capiamo immediatamente che tra i due è scoccata la scintilla….sguardi, apprezzamenti, velate allusioni sessuali, scariche elettriche e tutti quei piccoli segnali che ci fanno capire che qui si sta sbrodolando alla grande. Ed è tutto giusto, tutto funziona….ok abbiamo abbandonato ogni cazzo di pretesa di leggere roba che davvero potrebbe succedere ma pace, già non smadonnare e avere voglia di finire il libro mi sembrano un miracolo.

Poi la storia va avanti, si evolve e nonostante per un pò non si scopi, si spinge molto sul flirt come sublimazione e anche qui funziona. In pratica la prima metà del libro ci piace assai. Notiamo anche come, Bridgerton insegna, ogni due per tre ci viene fatto notare che nella Londra ottocentesca c’era gente di etnie diverse, però qui abbiamo la decenza di tenerli in quelle che potremmo considerare categorie minori, servitù, industria (siamo ad inizio ottocento e un industriale veniva visto, dalla maggior parte dei nobili, come una brutta persona che aveva osato fare soldi) e via dicendo. Ma si nota che i tempi sono cambiati, ci dobbiamo abituare all’inclusione forzata perchè altrimenti se non sottolinei che l’Inghilterra era multietnica sei una brutta persona e i tuoi libri non li compra nessuno e tu torni a fare la commessa in profumeria o la casalinga in un paese sperduto dell’Ohio. Lo stesso vale per il Maschio Alpha. Non piace più (tranne che a me). Non lo caga più nessuno. Anzi….è un pessimo modello di riferimento che va a tutti i costi evitato, tanto che se il protagonista viene presentato come un libertino, bisogna poi farlo evolvere nel giro di poco in qualcuno che si pente del suo passato, si ravvede e diventa una specie di pasticcino molle e, oggettivamente, poco attraente.

Se vi piace l’uomo alla Sebastian visconte di Valmont, siete letteralmente fottute. Esattamente come la sottoscritta….perchè se è vero che Valmont si pente, si ravvede e chiede venia, lo fa in punto di morte ed è tutta un’altra storia.

Fatto sta che lentamente Noel, che all’inizio era tutto fascino grondante e sessualità dirompente, comincia a provare dei sentimenti e allora è tutto una delicatezza dietro l’altra, un cambiamento di attitudine continuo, una richiesta dietro l’altra (cosa vuoi che faccia…come vuoi che lo faccia….sono ai tuoi piedi) e che due coglioni!!!!!!

Poi, però, il coupe de theatre.
Le leccate di gnagna. Ed ogni leccata di gnagna è, ovviamente, un orgasmo e noi sappiamo che alla Leigh gli orgasmi uno via l’altro piacciono da morire. Anche a me, per dire….non è certo una cosa così strana. Il problema semmai è averceli questi 4/5 orgasmi consequenziali che alla fine ti fanno un po’ odiare questa qui che basta toccarla e viene come una cagna in calore. Così…per dire.
Le leccate di gnagna…dicevo.
Viene fuori (notare il gioco di parole) che lei durante gli incontri sessuali lo domina. No, non come una che sa dominare davvero, ma come una che prende il comando e gli dice cosa vuole e lui è letteralmente a livello di un verginello che a 40 anni ha per la prima volta una vagina a sua disposizione. E comunque lui viene sempre fuori e per questo si merita un 30 e lode, bacio accademico e anche una carezza sul membro turgido, perchè oggi mi sento buona.

I giorni passano, gli orgasmi si alternano e i due scopatori si innamorano, lo so io, lo sanno gli amici di lui, i parenti di lei e anche il mio cane ma apparentemente loro fanno finta di nulla. Tutto è bene quel che finisce bene salvo che si scopre, pubblicamente, che lei è un’impostora, Noel si sente usato e la molla.

Tutto il resto è noia.
Perchè donne, può un romance finire male?
Brave, ovvio che no, quindi dopo che entrambi soffrono per un po’, dimagriscono perchè non mangiano, si struggono, annegano i propri dispiaceri chi nell’alcol e chi nel lavoro, arriva il momento del chiarimento, con tanto di tre parole, sole cuore amore e una specie di epilogo nel quale ci fanno sapere che sono tutti felici, l’azienda è rifiorita e Noel e Jess continuano a scopare come ricci il libro finisce.
Così.

E se da una parte ho apprezzato il non dilungarsi troppo in noiose descrizioni della discendenza, due righe di conclusione non ci sarebbero state male.
Quello che mi lascia perplessa è questo ribaltamento dei ruoli dove un Ducaconte si mette in mano alla prima sciacquetta che incontra e addirittura se la sposa e l’inclusione e lo sfiorare l’argomento socio/economico senza però mai approfondire nulla, nemmeno per sbaglio….insomma dite che mi ci devo abituare? Sarà questo il futuro del Romance Storico? Un pizzico di sale, uno di pepe, una grattata di parmigiano e quello che esce, esce?
Bah…

Lo consiglio?
Sì.
Le pagine scorrono, la storia è sì al limite del credibile ma è piacevole da leggere, le scene di sesso a parte qualche esagerazione sul discorso dominanza sono scritte bene e poi si gode tanto per osmosi. Lei orgasma e tu sospiri….certo, a te il climax non lo regala nessuno ma bisogna accontentarsi in tempi di vacche magre letterarie.
Purtroppo si registra un’eccessiva stucchevolezza che per quanto mi riguarda potrebbe essere smorzata qua e là ma che sono sicura piacerà a quelle di voi che apprezzano le pucciosità inutili.
Noel è, nonostante tutto, un bel personaggio che cerca l’uomo comune sotto la maschera di Duca che tutti ammirano e tutti vogliono. Chiaramente alla Leigh approfondire questo argomento non interessa affatto e quindi non aspettatevi di fare chissà quali riflessioni profonde.

Ah, lei non è vergine.
Sia ringraziato Iddio ci siamo risparmiati la tanto dolorosa, sanguinolenta ed orgasmica distruzione dell’imene. Amen.

In poche parole

Se l’è secca, lecca.

I Bridgerton …. O meglio “I Bridgerton 2.0”

Eccoci qui; prima o poi doveva succedere ed infatti è successo, hanno deciso di fare la trasposizione telefilmica di una serie di libri Romance Storici che io ho letto.
Pensate a me, ormai quarantenne delusissima dall’attuale produzione letteraria, esasperata da mesi di reclusione, infastidita dall’essere sul Pianeta Terra proprio in questo momento storico che scopro che Shonda “Politically Correct” Rhimes ha messo le mani sui Bridgerton.

La famigliola felice

Ero così eccitata all’idea che smaniavo in attesa del 25 Dicembre….ero così felice, così agitata, così fastidiosamente pronta a sparlare per giorni, mesi, anni che quando ho visto il primo trailer ed è comparsa la Regina mi sono messa a saltellare dalla gioia. La Regina, la Regina ovunque, ….Ma quando mai? Va bene che la mia memoria non è poi così vivida ma non ricordo proprio che il personaggio della regina fosse così onnipresente.

Quindi ero tutto sommato felice di potermi accanire contro qualcuno ma anche in questo caso sono rimasta vagamente delusa perchè posso smadonnare in turcomanno, ma solo fino ad un certo punto, e per capire perchè non posso lanciarmi in voli pindarici di bestemmie bisogna partire dall’inizio ossia dai libri.

La Serie Bridgerton è una serie semplice, lineare, senza pretese e questo è stato il suo successo. Una grande famiglia felice che si ama e si vuole bene composta da mamma combattiva e 8 cazzo di figli uno più bello dell’altro che troveranno il Vero Grande Ammmoreeeeeeee e che vivranno felicissimi, innamoratissimi, riproducendosi a ritmo di leprotti selvatici. E che dire? Li ho letti tutti ed alcuni mi sono piaciuti più di altri, gli ultimi della serie sono davvero inutili e tutto sommato dimenticabili e gli spin-off sui nipoti della Dambury dimenticabili. Ma i primi – diciamo – 6 libri sono godibili (alcuni addirittura belli) ed io sono molto affezionata alla serie perchè è una delle prime che ho letto.

E quindi via…di capitolo in capitolo

Capitolo 1 – Il Fastidio

Lo snocciolo immediatamente così poi non ne parliamo più. Ma quanto è fastidioso il falso storico? Siamo nel 1800, in Inghilterra, forse uno dei Paesi più conservatori e attaccato all’etichetta, praticamente tutti i romance sono fondati sulla mania dell’esclusività e sul fatto che la linea di sangue è tutto ed ovviamente, essendo su Netflix ed essendo tra le mani si Shondona nostra, non viene in mente nulla di meglio che prendere una manciata di attori di almeno 5 etnie diverse e piazzarli così a caso tra nobilità e servitù, tanto fottesega se siamo nel 1813 e in Inghilterra la classe dominante era composta di britannici da almeno 25 generazioni. Non importa perchè siamo nel 2020 e ormai bisogna a tutti i costi essere politicamente corretti, anche a costo di stravolgere la Storia. Perchè qui non è una questione di quote rosa, rosse, verdi, qui si tratta di storia. Non si tratta di null’altro se non di rispetto per quello che è stato il passato, bello o brutto che sia, giusto o sbagliato che ci sembri oggi.

Lady Dambury e il Duca di Hastings

Capitolo 2 – Dalla carta alla pellicola

Una delle prime cose che ci hanno insegnato in Accademia è che trasporre uno scritto in una rappresentazione teatrale o cinematografica prevede come prima cosa capire il registro da usare. Siccome non so spiegarlo in modo semplice e coinciso, copio e incollo da Wikipedia: “Un registro, in linguistica, indica la varietà di lingue impiegate a seconda del tipo di rapporto psicologico e sociale sussistente tra i locutori, delle circostanze in cui avviene la comunicazione e del mezzo impiegato.”
Quindi comprendo benissimo che se ti rivolgi ad un pubblico eterogeneo e devi fare cassa, in qualche modo ti tocca svecchiare e semplificare e magari rendere più allegro e brillante quello che sulla carta è introspettivo e lento. Il fatto che spesso alle feste si saltelli allegramente su pezzi musicali che non ho riconosciuto, in parte per ignoranza e in parte perchè erano un agghiacciante mix di qualcosa ma non so bene cosa, o che Eloiise gridi come una pescivendola o che ancora si assista ad un’interazione tra i personaggi piuttosto moderna non stupisce più di tanto e per quanto mi riguarda nemmeno infastidisce troppo, una volta che ho accettato di vedere un qualcosa di non ben definito a livello storico.

Resta tuttavia l’impressione che si volesse fare qualcosa stile “Marie Antoniette” di Sofia Coppola, o “Moulin Rouge!”…..si, insomma l’idea era quella commistione di generi e di antico/moderno che se fatto bene spacca il culo ai passeri e in questo caso invece resta un vorrei ma non posso che alla fine lascia un po’ perplessi più che altro perchè non si capisce quale sia il vero target di riferimento. Adolescenti? Tardo-adolescenti? Amanti del genere? Tardone? Non si sa e forse è meglio così.

Capitolo 3 – Sesssssssssssssssssssso

Eccoci qui.
Parliamone. Qui, in questa serie tv che non ho ancora capito bene a che pubblico si stia rivolgendo, si scopa. Lo fanno un po’ tutti. Anthony con la cantante lirica della quale si è profondamente innamorato (Seriously?), ci sono orge, uomini con uomini, Daphne con Simon, Simon con se stesso e via dicendo. E che dire? Io ho trovato le scene di sesso poco coinvolgenti, sarò io, sarà l’età, sarà la scelta di rendere tutto molto studiato e molto meccanico e anche un po’ troppo scenografico…per esempio la leccata di gnagna sulle scale. Ok, va bene ma non esageriamo. O me lo fai bene in modo che io sbrodoli nel senso più letterale del termine o non me lo fai….buttandolo lì così. Non so se vi ricordate la scena di seduzione in “Lezioni di Piano” quando Keitel infila il dito nel buco della calza della Hunter e comincia ad allargarlo mentre lei suona…ecco, io voglio quello. Sbro-do-la-re.

Capitolo 4 – Il Fastidio dei colori

Londra, 1800.
La prima cosa che mi viene in mente sono fogne a cielo aperto e il carbone.
Avete presente il colore “fumo di Londra?”. Ecco, brave. Non è casuale. Da sempre Londra è sinonimo di fuliggine, nebbia e smog, e il 1800 non faceva eccezione tanto che chi è pratico del genere si sarà accorto che in tanti romance è sottolineato come a volte la fuliggine sia così spessa da non vedere le stelle. Ok che intossicare gli attori per voler a tutti costi essere fiscali e pedanti non sarebbe stato giusto ma questo stile un po’ frivolo, coloratissimo e molto, molto pop in alcuni momenti è addirittura eccessivo. Questa luce così luccicosa, i colori così brillanti, le pelli diafane e quasi porcellanesche…bah, non so. Mi è mancato un po’ quel mood piovigginoso e tetro che, come tutti sappiamo, è caratteristica principale dell’Inghilterra come la vedono i non autoctoni.

Capitolo 5 – La figaggine dei Bridgerton

Qui mi rendo conto di essere poco carina e poco gentile. Ma proprio pochissimo, perchè a me i fratelli Bridgerton non hanno smosso non dico un ormone, ma nemmeno l’ombra dell’ombra di un ormone.
Parliamone.

Anthony che nei libri è una specie di Caramella Rossana tutta da scartare e ciucciare, si è ridotto a morto di figa per una cantante lirica che, cucciola di mamma, non vuole cambiare per lui. Perchè lei vuole essere accettata per quello che è e bla…bla….bla….bla
E che palle!!! E lui che fa? Si intristisce. Che noia, che barba. Non si può vedere un Anthony che si dispera perchè l’amante lo ha scaricato…Ma anche no.
Oltretutto gli fanno anche fare la parte di quello che non vuole la responsabilità della famiglia quando in realtà è inserito benissimo nel ruolo da quando ha 18 anni e non gli pesa come invece sembra nella serie Tv.

Benedict che finisce in un circolo di pittura che è più un club del porno tra orge degne di Pornhub e coming out molto ma molto moderni. Anche lui poco sexy e poco ciucciabile per quanto mi riguarda ma siccome si è visto poco confido di poterlo criticare di più quando approfondiranno la sua storia.

Ed eccoci alla nota davvero, davvero dolente.
Colin.
Che nella foto sottostante è photoshoppato al punto da sembrare quello che non è: quasi bello.


Colin che nei libri è simpaticissimo, scaltrissimo, brillantissimo ma soprattutto bellissimo, mi diventa un ragazzo anonimo. E per anonimo intendo dire bruttino. E dico bruttino perchè oggi sono buona. Lo so, quello che dico è in un certo qual modo discriminatorio perchè in teoria conta solo che sia un bravo attore, giusto? Ed io dico NO. O meglio, sì….ma cmq. tu stai interpretando un gran figo. Vi siete mai chiesti perché James Bond lo ha interpretato Sean Connery e non Luciano Pavarotti? Perchè era un gran figo. Lo ripeto. Un Gran Figo. E c’è poco da dire in merito. Facciamo un altro esempio….Khal Drogo non è stato interpretato da Giovanni Lo Smilzo ma da un gran pezzo di manzo tutto muscoli e testosterone perchè il personaggio richiedeva queste caratteristiche. Ecco, Colin avrebbe dovuto essere un maschio strappamutande mentre le mie mutande sono ancora integre, ergo….qualcosa non ha funzionato.

Capitolo 6 – L’importanza del ghiaccio

Una delle caratteristiche principali di Simon, Duca di Hastings, è il contrasto tra i capelli scurissimi e due penetranti occhi color ghiaccio (ed ho usato la parola “penetranti” non a caso) quindi immaginatevi la mia costernazione quando mi sono trovata davanti un bellissimo ragazzo con pelle color caffè con due occhioni neri. Ma come? E un bel paio di lenti a contatto azzurre no? Cioè…avete cambiato più o meno tutto ed abbiamo capito che avete scelto a tavolino di mandare a cagare qualsiasi parvenza di storicità ci fosse in libri già per certi versi al limite e poi vi perdete in una banalità? Avete fatto trenta, fate trentuno e lasciateci almeno gli occhi di ghiaccio. Ed invece no, ci attacchiamo al tram e tiriamo.

Oltre agli occhi di ghiaccio, a questo Duca, manca anche un po’ di licenziosità. Parliamo di un noto libertino, uno che fa letteralmente sbocciare la sacra orchidea al solo vederlo che però per quanto mi riguarda resta un po’ rigidone e un po’ freddino. Persino nelle scene di sesso è come se non ci fosse intesa tra lui e Daphne, gli accoppiamenti risultano un pochino meccanici e costruiti a tavolino, avrei preferito quella dissolutezza che nei libri si percepisce piuttosto bene. Mi va bene la quota sesso, mi vanno anche bene le slinguazzate ma ripeto qui quanto sostenuto al capitolo 3; io voglio SBRO-DO-LA-RE.

Capitolo 7 – Violet e personaggi nuovi

Mamma Bridgerton è una donna risoluta, con due palle enormi, dolcemente frivola e che tiene testa a tutti i figli, dal primo all’ultimo. E’ una mamma chioccia, ma molto arguta e le sue conversazioni sono spesso venate da una punta di ironia che rende i battibecchi con i figli estremamente godibili, caratteristiche che si sono completamente perse (lo stesso vale un po’ per tutti i personaggi, forse il più stravolto è stato Colin con quella baggianata dell’innamoramento della tizia gravida) a favore di una donna per certi versi remissiva che sembra sempre un po’ spaurita.
Mi è dispiaciuto perchè nei libri è il filo rosso che unisce tutte le storie e la sua presenza è fondamentale e si sente aleggiare sempre, anche quando non è “in scena”. Violet è la madre che vorrei essere se fossi una vedova con 8 figli ed un mucchio di soldi, e vederla tutto sommato sminuita mi ha scocciato parecchio.

The Queen

Le new entry, a partire dalla Regina, personaggio che quantomeno nella prima serie ha una certa importanza nella storia, passando per il nipote principe e finendo con la vacca gravida le ho trovate o inutili o davvero trash. Siamo nel 1800 e se un principe, per giunta imparentato con la Regina, ti chiede la mano tu lo sposi e non rompi il cazzo. Potevano inventarsi qualcosa di meno assurdo. La tizia gravida che cerca di incastrare Colin è un mezzo per far capire che la situazione delle donne nubili, povere e gravide nei primi dell’800 era a dir poco allucinante, facciamo finta di non saperlo e accettiamo questa lezione sociale come fossimo bambini neonati e passiamo oltre.

Capitolo 8 – Pollice su o pollice giù?

Pollice a metà.
Tutto sommato siamo di fronte ad un’opera che è abbastanza fedele ai libri, che intrattiene senza annoiare, che scivola via bene e che sono sicura piacerà molto un po’ a tutti quelli che proveranno a guardarlo.

Resta per me il rammarico di vedere che, ancora una volta, non si da il giusto spessore al contesto storico perchè, parliamoci chiaro, i personaggi sono in costume ma è un’epoca senza tempo, una specie di accozzaglia di stili, colori e comportamenti. Come dicevo prima, l’idea era probabilmente quella di modernizzare il tutto per renderlo appetibile ai fruitori moderni ma gli manca quel coraggio di schiacciare il pedale dell’esagerazione, come avviene in Moulin Rouge ed ottenere un’esplosione di musica, sentimenti e trash argutamente studiato o di rendere i personaggi icone pop (come fece la Coppola in Marie Antoniette). Certo, parliamo di due esempi limite, criticabili e spesso non apprezzati ma sicuramente pieni di coraggio, e parliamo di budget diversi e di registro diverso, ho citato due film mentre I Bridgerton è una Serie Tv. Tuttavia – come diceva Tomba – chi mi conosce lo sa, non amo le mezze misure e questo moderno non moderno, storico non storico, alla fine non mi convince.

Epilogo

Il mio resta il parere di una lettrice, che si è sciroppata tutti i libri più volte, che già di suo è una ben nota scassacazzi e che ovviamente si era fatta tutto il suo immaginario sia a livello estetico che musicale e quindi trovandosi di fronte ad un’opera che per ovvi motivi non corrisponde a quanto immaginato, ha trovato da ridire [strano, vero?].

Tolto tutto quanto detto sopra penso che “I Bridgerton” sia un prodotto studiato per un pubblico ampio, che vuole divertirsi senza stare troppo lì a pensare. Va bene per la sciura che ama il gossip, va bene per la mamma stanca di pulire casa e bambini, va bene per la ventenne che non ha mai letto un cazzo di storico ma che vuole vedere manzi che fanno sesso, va bene per gli amanti delle serie tv in generale e anche per chi come me ha letto i libri, trova sempre qualcosa da ridire, ma ama talmente tanto il genere che pur di vederlo è disposta a mandar giù i bocconi amari.
In pratica hanno fatto una sbobba che si adatta un po’ a tutte le bocche…diciamo un McDonalds e facciamola finita.

Va preso per quel che è.
Va accettato con tutte le idiosincrasie del caso.
Va bevuto puntata per puntata come fossero shottini….uno via l’altro e buona pace se il rhum era di bassa qualità. Alla fine ti ubriachi lo stesso.

Se siamo oneste fino in fondo dobbiamo anche ammettere che la Quinn non è certo la scrittrice più introspettiva dell’universo e che alcuni suoi romanzi sono davvero all’acqua di rose quindi si prestano bene ad essere manipolati e riassemblati a piacimento senza che venga stravolto più di tanto il loro contenuto.

Va dato a Shonda quel che è di Shonda. Si sente che chi ha gestito la baracca ha esperienza pluriennale nello sceneggiare serial. Vogliamo parlare di tutte le piccole semine che ci sono in questa serie e che, chi ha letto i libri, ha immediatamente riconosciuto? Vogliamo parlare dell’ape (a me sembrava un bombo più che un’ape….ma devo verificare) sulla porta dei Bridgerton? Che colpaccio Shondona dei miei stivali.
Brava!

Post scriptum – Cose che non posso perdonare

Aver svelato l’identità di Lady Whistledown così presto è stato imperdonabile. E non sono l’unica a pensarla in questo modo. Davvero una pessima scelta.

Attendo con ansia di sapere cosa ne pensano le accanite lettrici della Quinn.
Avranno avuto le mie stesse sensazioni o si sono appassionate?
Attendono con ansia la seconda serie o hanno abbandonato la prima puntata dopo i primi 10 minuti?

Voglio sapere
Poschina

Occhi Verdi – Judith McNaught

C’è una domanda che non mi lascia tregua negli ultimi due giorni: “Perchè non ho mai scritto nulla su Occhi Verdi?”, ma poi ne siamo sicuri? Ho cercato e non ho trovato niente di interessante, se non una voce nel listone di Ottobre (credo) 2014 nel quale davo un 7,5 senza particolari entusiasmi.

Va bene che ero nel periodo buio della mia vita, ma possibile che non mi avesse colpita più di tanto? Ricordavo di essermi infastidita per lo stile tipico di Nostra Signora del Misunderstanding fatto di millemila incomprensioni che sarebbero risolvibili in un minuto ma che si trascinano per 3/400 pagine portando la sottoscritta all’ulcera perforata, ma a parte questo piccolo dettaglio, per il resto ci sono due o tre scene che da sole valgono un intero libro, forse due, 8 di quelli pubblicati recentemente.

Ma partiamo dalla cover. Ho scelto quella che più rispecchia il libro perchè in rete ne ho trovata una “AGGHIAGGIANDE” – come direbbe Conte – con due vecchiardi che si abbracciano sensualmente. Ho ancora i brividi…..

La Trama: Elizabeth Cameron, contessa di Havenhurst, è una giovane di irresistibile bellezza e squisita gentilezza, ma dietro i suoi innocenti occhi verdi si cela un’impetuosa audacia. Nell’abbraccio di Ian Thornton, uomo di rara avvenenza, Elizabeth prova per la prima volta un turbamento sconosciuto che le infiamma i sensi. Ma Ian ha un passato misterioso ed è socialmente emarginato, e la reputazione di Elizabeth risulta irrimediabilmente rovinata. Dai salotti di Londra alle selvagge Highlands scozzesi, in un alternarsi di passione, sospetti e spiazzanti imprevisti, i due amanti sfideranno ogni insidia per coronare un amore tanto tumultuoso quanto unico.

Ed ora la parola alla giurata – Spoiler e recensione atipica

Trama a parte, qui siamo di fronte ad un romanzo che ha una trentina d’anni, quindi….care le mie estimatrici del pompino con ingoio al secondo incontro, qui cascate male. Molto male. Qui, non si scopa.

Lo dico subito così chi sta cercando qualcosa di molto piccante può comprare uno dei 12mila romanzi contemporanei che trattano il tema della segretaria cogliona innamorata del suo capo 35enne multimiliardario che se la sbatte in lungo e in largo (sono le caratteristiche del suo cazzo) per tutto il libro che, peraltro, a parte qualche sega mentale dei protagonisti, non offre nulla più di qualche wet dream.

Detto questo…torniamo a noi.
Non mi interessa tanto raccontarvi cosa succede ma più che altro l’attenzione e l’approccio che si aveva, nei bei vecchi tempi andati, alla storia. E qui c’è materiale da vendere.
A partire da Elizabeth, quella che ha gli occhi verdi. Ma non verdino, verdognolo o verdastro. Proprio verdi. Verdi come le foglie bagnate, verdi come un prato dell’Alto Adige, proprio verdi. Ed è anche, chiaramente, una figa pazzesca. Ma questo in realtà conta meno di quel che sembra perchè di lei viene sviscerato tutto.

Giovane, bella, arguta, intelligente e terribilmente inesperta. Quest’ultima caratteristica sarà la molla che muove l’intera storia perchè lui, il nostro Ian (sospirone con relativa leggera schiusa dell’orchidea) è l’esatto opposto. Uomo di rara beltade, moro con occhi color ambra, fisicatissimo, intelligentissimo ma al momento senza titolo, è anche un libertino di prima categoria, passa il suo tempo seducendo belle donzelle ed evitando la buona società. Ma…..

E qui, secondo me, siamo in piena scena BBBBBOOOOOOMMMMBBBAAAAAAAAAAAA

L’incontro tra i due, nato dal tentativo di mettere in ridicolo Elizabeth da parte di alcune amiche piuttosto stronze, finisce per essere una delle scene meglio costruite del romance. Vengono infatti messi in risalto, in modo nient’affatto didascalico, tutti quegli elementi che fanno capire ad Ian che Elizabeth non è la classica damina che cerca un po’ di divertimento, ma che di fronte a se, ha una ragazza inconsapevole di quello che sta succedendo, dell’attrazione, del magnetismo, di quella magia rara che si crea solo con poche persone. E vi assicuro che il cambiamento da parte di Ian, all’inizio blandamente scocciato, poi divertito ed infine conquistato, è descritto benissimo. Lo stesso lavoro è fatto su Elisabeth, sul suo nervosismo, l’insicurezza, l’inesperienza che le impedisce di rendersi conto che, volendo, Ian potrebbe convincerla a fare di tutto, perchè lui, essendo scafato, ha già capito che l’attrazione che provano è inarrestabile e può condurre solo ad una destinazione: SESSO.

Ma vi giuro e vi spergiuro che è una scena di una bellezza rara.
Gli sguardi… nessuno sa descrivere gli sguardi come Mamma Judith, non ho ancora trovato una scrittrice romance capace di descrivere il minimo cambiamento emotivo come fa lei. Dà alla gestualità la giusta importanza, sfregarsi le mani, scostare una ciocca di capelli e SBAM, avverti la tensione, l’incertezza. Mezzo sorriso di Ian e sei persa, ti stai già slacciando i jeans…. un bacio ed un sospiro e non ne esci più, peggio dell’oppio.

Avercene di scrittrici così.

E vogliamo parlare del “Balla con me” sussurrato nel buio della notte con quella voce da squirting immediato?
No, non ne parlo….ve la lascio leggere.

E il capanno? Come dimenticare il capanno. Vado o non vado? Ok, vado…tanto Ian se ne sarà già andato. E invece lui è lì, ad aspettarla. E come volete che finisca?
NO!
No…niente sesso sfrenato con tanto di orgasmi multipli, siamo all’inizio degli anni 90 ed è tutto strusciamenti, capezzoli turgidi, peni che non si vedono e manco si nominano, ma si sentono (eccome), baci appassionati, slinguazzate e abbracci infiniti….occhi velati dal desiderio, respiri affannosi.
Ma che ne sanno i millennials….

E’ così che si accresce nel lettore l’aspettativa, la voglia di andare avanti, quella bramosia di leggere ancora, ancora e ancora per vedere dove si va a parare.
Scrittrici, leggete e prendete appunti.
Lettrici, leggete e cercate di capire perchè un libro vi sembra funzionare e un altro no.
Analizzate, pensate, vivete la storia. Non accontentatevi.

Poi succede il primo di una serie di BM. Che per quanto mi riguarda sono la nota dolente di libro e scrittrice ma ne parleremo poi.

Vorrei puntare l’attenzione su un’altra scena.
Esterno notte, Scozia, due anni dopo.
Elizabeth confessa ad Ian che gli ha sempre scaricato addosso tutta la colpa di quello che è successo e che ha generato lo scandalo che l’ha resa una reietta, ma che si è resa conto che in realtà è stata anche colpa sua perchè si è comportata in modo poco assennato.
E questo ci dimostra, ma soprattutto dimostra ad Ian, che la piccola non è cambiata per niente, è sempre ingenua riguardo ai meccanismi di seduzione.
Allora Ian le spiega che forse non si è resa conto che quello che è successo due anni prima era frutto dell’esperta manipolazione di un libertino. Che lei non ha colpe, che semplicemente si desideravano come pazzi, e che tutto quel turbamento che Liz sentiva ma non riconosceva era per lui cristallino. Desiderio, bramosia, smania. Così, per soddisfare questo desiderio, ha usato tutte le tecniche di seduzione fino a quel momento conosciute in occidente e l’ha portata esattamente dove entrambi desideravano che fosse.

E dove voleva essere la nostra donzella?
Brave, tra le possenti braccia di un pezzo di figo stratosferico che ti slingua e scapezzola come dio comanda, ti rispetta abbastanza da non “approfittarsi di te” e che per dimostrarle che il suo posto è esattamente lì, tra le sue braccia strappate all’agricoltura, le dà un’altra lezione a base di petting spinto e baci strappamutande.

Tutto ciò per dire che non è che le cose accadono a cazzo di cane in questo libro, ma tutto è collegato, tutto ha un senso, tutto ha un preciso significato. Ed è così che vanno scritti i libri.
Se sei mesi prima è successa una cosa non è che puoi dimenticartene a piacimento, se la protagonista è, come in questo caso, un letale mix di inconsapevole sensualità e timidezza, non mi può diventare uno zoccolone nel giro di due righe!!!

E poi cristo santo le scene hot.
E faccio notare che non si parla di scopate cosmiche appesi al soffitto ma di scene talmente ben costruite che esprimono tutto quello che i protagonisti stanno provando. La passione, la tenerezza, la smania, l’eccitazione, la tentazione…. tutto senza descrizioni dettagliate degli organi genitali di entrambi, senza spade sguainate o esplorazioni da manuale di ginecologia.

Intanto passa il tempo e il rapporto tra i due cambia, si modifica, cresce, si intesisce, si ammorbidisce, poi di nuovo crisi, incomprensioni, sentimenti repressi (ve l’ho detto che NSdMU ha qualche problema e finisce sempre per mettere troppa carne al fuoco), vendette, parole non dette, parole dette troppo in fretta….e via dicendo per quelle millemila pagine che sono anch’esse una caratteristica della scrittrice.

Ma veniamo alle note dolenti.
Perchè va bene che Ian è a tutti gli effetti un personaggio maschile con i controcoglioni che ti fa venir voglia di fare cose ancora oggi illegali nella maggior parte degli USA, va bene che a me Elizabeth è sempre piaciuta, va benissimo che tutti i comprimari siano sufficientemente sviluppati e che mi ripresenti anche un Jordan (Qualcosa di Meraviglioso – Judith McNaught) ormai ammansito dal matrimonio ma cmq. da sburro, ma porcaccia la misera basta con colpi di scena ed incomprensioni.

E’ un continuo.
Già tende ad allungare il brodo, tutta la prima parte del libro, che siamo d’accordo serva a farci capire perchè c’è tutto questo astio tra i protagonisti, poteva essere non dico mutilata, ma spuntata un pochino perchè è davvero troppo lunga.
Poi se ci metti che ogni due per tre scatta l’incomprensione cosmica, che tutti nascondono un segreto che sicuramente farà incazzare l’altro e che entrambi i protagonisti sono orgogliosi e testardi come muli allora vuoi farmi del male.

Dillo Juidith, ammettilo….lo fai apposta.

Soprattutto dai 3/4 in poi si fatica a mantenere la calma.
Basta, non è possibile che non ne vada bene una, e cazzarola parlatevi. Sedetevi ad un tavolo e sputtanatevi a vicenda…poi vi riappacificate con una bella scena di sesso e mi rendete la donna più soddisfatta del mondo.

Siamo onesti fino in fondo; a conti fatti, quest’insopportabile tendenza della McNaught a rendere tutto forzatamente complicato, è poca cosa rispetto alla bellezza dei suoi libri. I difetti che ho trovato in “Occhi Verdi” sono gli stessi che ho riscontrato negli altri libri della serie, ma in tutti alla fine è prevalsa l’ammirazione per la capacità di costruire storie complesse e credibili, ben strutturate e con personaggi a tutto tondo che restano impressi nella memoria e che meritano sicuramente di essere annoverati tra i migliori fictional character della letteratura romance storica.

Ci sono due cose che mi fanno capire che il libro che sto leggendo, per quanto mi riguarda, funziona.
Primo: la visualizzazione mentale di personaggi e luoghi. Se un libro è scritto bene, i personaggi li vedi, li senti, sono tridimensionali…senti i profumi dei luoghi, le musiche, il tintinnare dei bicchieri nelle affollate sale da ballo.
Secondo: la tristezza quando il libro sta per finire…anzi…quando arrivi a metà e sai che stai inevitabilmente dirigendoti verso una fine che non vuoi leggere, e ti assale quella malinconia pazzesca che non riesci in alcun modo a contrastare.

Occhi Verdi è sicuramente un libro che merita di essere letto e riletto.
E Judith McNaught, giusto per mettere le cose in prospettiva, ha venduto qualcosa come 30 milioni di copie.

Chapeau.

Poschina

Tagline “Mezzo sorriso di Ian e sei persa, ti stai già slacciando i jeans…. un bacio ed un sospiro e non ne esci più, peggio dell’oppio”.

Serie Sequels

  1. Once and Always (1987) – Sarà per Sempre
  2. Something Wonderful (1988) – Qualcosa di Meraviglioso
  3. Almost Heaven (1990) – Occhi Verdi (Come al solito una traduzione letterale)

La Figlia del Diavolo – Lisa Kleypas

“Ah, la tauromachia…” diceva Luigio Guastardo Della Radica.
Non che questa esternazione abbia molto a che fare con questo post, e men che meno con il libro di cui parlerò, ma mi fa sempre molto ridere….e questo basta e avanza per ficcare questa frase un po’ ovunque.

Ma passiamo subito a noi e cominciamo con il dire che ho letto il libro due volte, la prima a luglio, e alla fine non sapevo cosa pensare perchè mi era piaciuto ma non capivo bene il perchè, visto che ci sono delle cose che non vanno e che il protagonista non è il classico uomo Kleypas.
Allora l’ho riletto settimana scorsa, complice il ritorno della vita da pendolare e il tempo  libero da passare in treno ed ho concluso che mi è piaciuto, ed anche capito il perchè.

La Trama: Hampshire, Inghilterra, 1877. Lady Phoebe Clare, bella, giovane e vedova, non ha mai incontrato Weston Ravenel, ma è sicura che si tratti di un mascalzone, meschino e prepotente. Già ai tempi della scuola aveva reso la vita del suo ormai defunto marito un inferno, e non potrà mai perdonarglielo. Ma alle nozze del fratello, Phoebe incontra un giovane uomo affascinante che la incanta… e la stupisce non poco quando si presenta come Weston Ravenel! Potranno mai superare l’ostilità e abbandonarsi alla passione che li attrae l’uno verso l’altra?

Ed ora la parola alla giurata – Spoiler alert

Ho iniziato a leggere questo libro piena di aspettative e pregiudizi, così…tanto per non farmi mancare nulla, perchè ad un sacco di gente che conosco e della quale mi fido non era piaciuto per niente. Ma non una cosa del tipo “Mah, ho letto di meglio”, ma più che altro una specie di “A morte Zia Lisa che ormai sarebbe meglio passasse il tempo a fare la calza piuttosto che scrivere”. Ne ho sentite di cotte e di crude, personaggi inesistenti, noia, scene di sesso brutte, West completamente stravolto, noia, noia, noia….

Invece non ho trovato nulla di tutto questo. Ho trovato una Kleypas profondamente diversa da quella della serie Wallflowers e addirittura quasi irriconoscibile da quella di Craveniana memoria. Ma poi ho superato le perplessità ragionando su un concetto piuttosto banalotto (d’altronde non sono certo una filosofa) ossia che come sono invecchiata io, è invecchiata anche l’adorabile Zia Lisa. Come i miei capelli imbiancano felicemente, lo faranno anche i suoi e di conseguenza anche i suoi personaggi, le sue trame e persino lo svolgersi delle storie, sarà meno galoppante dei vecchi lavori.

Per prima cosa non ho trovato il libro per niente noioso, anzi. Solamente più lineare di altri. E ci sta tutto perchè non è la passione di due adolescenti che esplode in un pomeriggio d’estate, non è nemmeno la redenzione di un libertino da parte della solita verginella che poi si rivelerà in realtà uno zoccolone esperto in pompini con ingoio nel giro di dieci pagine.

Qui si parla di una madre vedova e di un uomo che crede di non meritare nulla di bello nella vita.

E sì, lo so che lo state pensando tutte…..siamo in zona “Uomini col mestruo” e peraltro la sindrome premestruale di West è decisamente eccessiva perchè va avanti un po’ troppo per i miei gusti e lo perdono solo perchè oltre ad essere un figo stratosferico, ad avere il solito, immancabile enorme pene che “non si sa mai come faccia a starci” [ma poi ci sta sempre, ansie pre-sesso a parte], è un personaggio che è stato preso, coccolato, fatto crescere e maturare durante tutta la serie Ravenel. E il lavoro è stato fatto bene. La trasformazione da nullafacente ubriacone e inaffidabile a “uomo con i controcoglioni” è stata studiata e portata avanti con piccoli o grandi apparizioni sparpagliate negli altri libri che ci hanno portato a conoscere molto bene il personaggio e ad affezionarci irrimediabilmente.

West a parte, l’altra protagonista è la dolce e risoluta Phoebe, madre di due bambini (come al solito adorabili perchè i bambini scassacazzo evidentemente li ho solo io), ancora devota dopo due anni di vedovanza al “povero Henry”, amore della sua vita e padre adorato. Un giovane uomo molto sfortunato che aveva un po’ tutti i malanni del mondo, ha condotto una vita di merda e sul letto di morte si è fatto promettere dalla mogliettina che avrebbe sposato il cugino Edward, perchè così tutto restava in famiglia.

Avrebbe potuto filare tutto liscio, se non fosse che tra la morte del “povero Henry” e il matrimonio con lo scialbissimo Edward si mette di mezzo West, il quale vibra come un diapason ogni volta che vede la rossa vedova e se non fosse che Phoebe si riscopre donna sessualmente attiva (come la Vecchina di Mai dire Gol) ogni volta che West si trova nel raggio di 5 km.

Comunque…. lei lo odia perchè anni ed anni addietro, ai tempi della scuola, il “povero Henry” veniva tiranneggiato da un piccolo West pingue e maleducato che gli faceva ogni dispetto possibile rendendo la sua vita più misera di quanto già non fosse. Oltretutto, anche ora che è adulto, West tende ad essere piuttosto brusco nelle sue esternazioni e a criticare apertamente la gestione della tenuta Clare. Peccato solo che a stargli vicino Phoebe si senta completamente scombussolata, abbia le vampate e un’irresistibile voglia di farsi spupazzare in ogni modo e in ogni luogo e, onestamente, anch’io.

La tensione sessuale tra i due è ai massimi livelli anche perchè West ha la capacità di far riassaporare a Phoebe le gioie della vita (prima ancora di quelle del sesso) in quanto persino il cibo, o meglio il piacere di gustare il cibo, era proibito in casa Clare perchè non si voleva urtare la sensibilità del “povero Henry”. Pensate un po’ che vita di merda ha fatto questa povera ragazza….posso solo immaginare quanto dovesse essere brillante il sesso tra i due sposi.

E parliamo di quest’uomo che non c’è ma ammorba ancora la vita della sua vedova. Un uomo sicuramente segnato dalla vita ma anche profondamente viziato, che viveva in un mondo tutto suo, di una mollezza cosmica e non si capisce bene come abbia fatto a conquistarsi il cuore di una donna come Phoebe, figlia del più rinomato libertino d’Inghilterra e di una donna che ha avuto le palle di costringerlo a sposarla nonostante fosse considerata una loser di dimensioni galattiche. E non me lo chiedo io, che sono notoriamente una gran rompicoglioni, se lo chiede anche Sebastian…..

Parentesi Sebastian….
Sono sempre stata gerontofila ma con Sebastian quasi sessantenne ho raggiunto il top assoluto. Più invecchia e più mi ricorda il meraviglioso personaggio del “Duca di Avon” uscito da testa e penna di quel genio che era Georgette Heyer (rileggetevi immediatamente – La Pedina Scambiata), soprannominato per l’appunto Il Diavolo.
Sebastian è, come sempre, da sburro, anche ora che ha assunto dimensioni quasi mitiche. E capiamoci bene, sono dimensioni esagerate, al limite del credibile, che tolgono un po’ di realismo al tutto, per certi verse ci si avvicina addirittura alla farsa. 
Ma sarà il passato, saranno i ricordi, sarà quel che sarà, tutte le volte che compare sulla scena io sento un brivido correre lungo la schiena….

Ah, la tauromachia!

Vecchi sessualmente affascinanti a parte, siamo di fronte ad una coppia che funziona nonostante tutto.
Lei scopre che forse è sempre stata più avventurosa, più passionale, più maliziosa e più godereccia di quanto pensasse e improvvisamente si rende anche conto che il “povero Henry” forse un po’ le ha tarpato le ali e anche che era un convenzionale che preferiva nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che affrontare i problemi. West invece passa il tempo lacerato tra la voglia di stare con Phoebe e la paura di non essere in grado di essere una bella persona. Che per carità…all’inizio sarà anche molto nobile ma dopo un po’ basta. Zio caro deve addirittura attendere che intervenga il padre della donna che ama a fare da cupido perchè altrimenti sarebbe finito in una spirale di autocommiserazione. 

Però funziona, anche con diversi difetti…per dirne uno alcune scene di sesso sono al limite del ginecologico, cosa che a mio parere toglie troppo all’immaginazione e alla fine sembra di leggere un trattato tecnico che smorza un po’ l’emozione generale.
Funziona anche il non aver calcato la mano con attentati, incendi, sparatorie, rocamboleschi salvataggi della donzella, che personalmente trovo più fastidiosi che altro anche perchè spesso sono messi lì un po’ a cazzo di cane, come direbbe Renè Ferretti.

Non è un libro bomba, non è sicuramente il miglior lavoro della Kleypas e ci sono molte cose che avrebbero potuto essere sviluppate meglio. Però è un buon libro, un libro che sarebbe stato apprezzato maggiormente se non fosse stato scritto da Zia Lisa, dalla quale tutti pretendiamo sempre il top. Di certo non siamo di fronte a due personaggi che ti entrano nel sangue e ci rimangono per sempre, ma piuttosto a dei comprimari. E’ questo che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, quest’idea che l’autrice si sia tenuta un po’ di cose dentro, come se si fosse in un certo senso trattenuta. E’ anche difficile da spiegare perchè è più una sensazione che altro. Ma se penso a Derek Craven lo vedo come l’esplosione di una supernova, un personaggio che riempiva le pagine e l’immaginario del lettore. E vogliamo parlare di St.Vincent? Il libertino per eccellenza, il nobile tutto splendore e raffinatezza che illuminava letteralmente tutto quello che incontrava? E persino Westcliff o McKenna (non so se si scrive così) avevano delle personalità dirompenti che non si possono dimenticare.
West e Phoebe sono meno esplosivi, meno incisivi, direi Slow Romance.
Ora vi starete chiedendo perchè alla fine mi sia piaciuto, visto che di difetti ne ho trovati abbastanza, ed io ve lo spiego senza vergogna.

L’Anzianity.
Quel momento in cui realizzi che il Mc Donald’s è quasi indigeribile, che in effetti la coca cola è più stucchevole che altro, che troppo zucchero sul Pandoro ne oscura completamente il sapore, che la Nutella a cucchiaiate ti provoca il reflusso. 

Ragazzi, spiegoni del cazzo a parte, la dura realtà è che sto invecchiando….
Deal with it!

Poschina

Anzianity: quel momento in cui ti accorgi che gli “Uomini col mestruo” non ti provocano più soltanto l’orticaria.

p.s. Si è per caso intuito che io il “povero Henry” l’ho odiato con l’anima?

Cosa ho letto in quarantena?

Sottotitolo: Come incazzarsi e deprimersi leggendo.

Abbandonate le remore che mi hanno attanagliata in tempi di emergenza Covid, mi rimetto a scrivere, assillata da un senso di impotenza cosmico nei confronti di una vita letteraria ormai povera di contenuti romance di interesse.

Dopo mesi passati a colpevolizzarmi, in questa giornata petalosamente soleggiata finalmente prendo in mano il mio pc usato negli ultimi mesi solo a scopo lavorativo (quanta tristezza in questa affermazione) e mi accingo a spiegarvi perchè ormai io e il romance siamo ai ferri corti. Mi ero convinta che fosse colpa mia ma poi, ad un certo punto ho detto “basta”.

Sono stufa di attribuirmi colpe che non ho. Sono stanca di dirmi “Su, dai…si vede che non è periodo….sarai tu che non riesci farti andare bene niente, devi cercare di apprezzare ciò che c’è di buono e via dicendo”. E’ un ragionamento sbagliato, un ragionamento figlio dell’appiattimento socio-culturale a cui ormai siamo talmente abituati da farlo in automatico. Apprezziamo ed esaltiamo prodotti spesso mediocri perchè non avendo nulla di meglio ce li facciamo andare bene. Ma è un atteggiamento sbagliato e pericoloso. E’ un atteggiamento che porta ad un abbassamento di livello e tutto ciò che ci porta ad essere meno di quello che siamo, non va bene.
Io mi rifiuto di unirmi al carrozzone di gioia e gaudio per prodotti di bassa caratura, mi rifiuto a costo di sembrare snob, presuntuosa e anche pedante.

Che poi lo sappiamo tutti che sono esattamente così, fondamentalmente snob, presuntuosa e pedante, ma non in questo specifico caso. In questo caso sono solo onesta.

Cominciamo con le occasioni sprecate e sono ben due e di due scrittrici italiane.
Bingo! 
Affilate i coltelli.

Scopro Bianca Marconero per caso, come praticamente il 98% di quello che finisco per leggere e comincio “Le nostre prime sette volte” animata da quell’inspiegabile senso di sfiducia che provo per le autrici italiane. Mi sforzo perchè mi sembra crudele da parte mia avere dei pregiudizi così radicati da farmi escludere a priori, dalla lista dei papabili scrittori, chiunque abbia un nome italiano o un improbabile nome inglese, che nasconde nel 95% dei casi un italiano sotto mentite spoglie. Faccio notare che trattasi di contemporaneo, un’altra categoria che fatico a digerire. Meriterei un premio solo per aver avuto il coraggio di lanciarmi nell’impresa.

Comunque quando inizio mi sorprendo interessata, anzi….sinceramente coinvolta e comincio a fantasticare su una me a fine libro soddisfatta ed emozionata per aver finalmente trovato un romance contemporaneo italiano degno di nota.

E il libro per scorrere, scorre.
E’ brioso, intelligente, divertente al punto giusto, scontato quel tanto che basta per non vivere con il patema d’animo temendo qualcosa di tremendo all’orizzonte ed io ero anche esaltata dall’appassionarmi, dal sentirmi finalmente inserita in quel pezzo di società tutta al femminile che adora il romance contemporaneo; già mi immaginavo seduta ad un tavolo con la mia bella mascherina, circondata da donne che parlavano di imprenditori e segretarie ed io avrei potuto dire la mia.
Dopo anni ed anni di silenzio.

Poi, più o meno intorno al 70% del libro il sogno si infrange; comincio a fiutare l’acre odore di carogna che accompagna le fregature letterarie, tuttavia ero innamorata dell’idea di amare il romance contemporaneo ed ho fatto finta di niente, ho continuato imperterrita la lettura ignorando tutti i segnali e sperando, proprio io, in un finale raffazzonato di 10 righe con tanto di bambini e gravidanze plurigemellari miracolose.

E invece nulla.
Il libro non finisce. 
C’è un altro libro.

Ed è proprio lì, che Cheng-Li “La Furia Pelosa” è esplosa in tutta la sua frustrazione, maledicendo il genere, le scrittrici, gli editori, le recensioni a 15 stelle, i blog letterari in generale e via dicendo, in una spirale di distruzione cosmica di rara ferocia.

Perchè siamo onesti. Onestissimi.
761 pagine sono troppe.
La storia funzionava benissimo e in 300/350 pagine avrebbe dovuto concludersi ed invece va avanti. Non solo va avanti, ma in un nuovo libro che tu devi acquistare se vuoi sapere come andrà a finire. Ci ho anche provato a leggere il seguito ma a metà mi sono annoiata perchè tra una cosa e l’altra, non ultima la rabbia, avevo perso la magia che mi aveva tanto conquistata nel primo libro. Dopo un po’ si comincia ad allungare il brodo, stiamo parlando di una storia lunghissima che già lascia molto spazio alla sospensione di incredulità nel primo tomo, figuriamoci quando dopo 500/550 pagine i due protagonisti hanno fatto di tutto prima per evitarsi e poi per amarsi. Ok, va bene…. tutto bello, divertente, emozionante e via dicendo ma parliamo di 761 pagine.

761 pagine. 
Jane Eyre è più corto.   
E parliamo di un capolavoro.
Orgoglio e Pregiudizio si aggira intorno alle 500 pagine.
Un caso? Non credo proprio.
Ed è a questo punto che io mi chiedo se sia nato prima l’uovo o la gallina. Ossia se la scelta di un secondo volume sia dello scrittore o della casa editrice. Perchè ho sempre più viva l’impressione che si tenda, per fare cassa (ovviamente parlo delle case editrici e non degli scrittori), a battere il ferro finchè è caldo anche a costo di calpestare una buona storia frazionandola e smembrandola fino a renderla sciapa.

E’ un peccato perchè se ci fosse stato un solo libro [e vi assicuro che l’impressione che si ha leggendo il primo è proprio che avrebbe dovuto concludersi salvo poi svoltare inaspettatamente] sarebbe stato davvero un buon libro, piacevole, intelligente, scritto bene.

Per quanto mi riguarda è un’occasione persa. Al primo libro, fino al 70/80 % avrei dato un 8 pieno, ma non avendo concluso il secondo il mio voto rimane lì, sospeso nel limbo di quelle 761 pagine che non sono riuscita a finire di leggere.
Peccato.
Peccato perchè Bianca è brava a scrivere ed è riuscita a dar vita a personaggi di indubbio interesse, sarà per la prossima volta.

Ed ora sveliamo chi è la seconda autrice italiana capitata sotto le mie grinfie….rullo di tamburi….
Pitti Duchamp.…e qui parliamo di romance storico, quindi un po’ quello che amo leggere solitamente. Il primo libro che leggo è Frittelle al miele ed altre dolcezze e resto affascinata da una storia per niente scontata con una protagonista femminile semplicemente adorabile.

Non è che io abbia da ridire su questa storia, anzi. Non c’è praticamente nulla che non vada. Bella la scrittura, belli i protagonisti, originale, divertente quel tanto che basta e romantico senza diventare stucchevole.
E allora, mi direte voi, perchè è tra le occasioni sprecate?
Perchè è un “canovaccio”, non un romanzo/racconto/novella.
E badate bene che non è una critica intesa a sminuire il lavoro solo un’impressione. Penso che questa storia meritasse più spazio, più tempo, più approfondimento.
Penso che l’intento dell’autrice, ma potrei sbagliarmi, fosse proprio quello di creare una storia gustosa come un mignon della più fine pasticceria francese, un macaron al caramello salato che si scioglie in bocca e ti riempie di goduria dalla punta dei capelli alla punta dei piedi e che ti fa solo desiderare di averne altri, di sentire ancora la scioglievolezza della meringa alle mandorle e quel pizzico di sale che evita che il dolce diventi stucchevole.

Si sente però la mancanza di un maggior approfondimento in generale; della storia, dei personaggi, degli eventi intorno a loro. Questa mancanza non toglie il gusto della lettura ma a me sarebbe tanto piaciuto che durasse di più, sapere di più, conoscere di più.
Anche perchè, in un tempo così breve, l’impressione è che si sia puntata moltissimo l’attenzione sull’estetica di entrambi e un po’ meno sui contenuti. Se si abbandona un attimo la buona scrittura e ci si concentra su alcuni comportamenti, viene fuori solo che lui è molto bello e lei molto tonda. Forse sarebbe stato il caso di approfondire un po’ di più perchè si innamorano, cosa li spinge a cercarsi e perchè. 

Per questo avrei voluto che si scavasse un po’ più a fondo, che si ciurlasse un bel po’ nelle ragioni che muovono i personaggi ed è per questo che l’ho definito un “canovaccio”, è come se mancassero le fondamenta delle scelte prese, come se il messaggio “cicciottella è bello” sovrastasse qualsiasi cosa ed è un peccato perchè i personaggi meritavano qualche attenzione in più.

Finita l’abbuffata di dolci al miele mi sposto sul secondo libro della serie e qui siamo in pieno “Fantasy Romance”.

Non ci siamo.
Capiamoci, la storia è anche carina, scritta sicuramente bene e divertente, ma per quanto riguarda l’ambientazione è un Big NoNo.
Dai…siamo nel 1814, non si dicevano in faccia “sei la mia sgualdrina”…non si può sentire. E non una/due volte in 150 pagine ma 300 volte e vale lo stesso per la parola “farabutto”.
Oltretutto lui avrebbe anche le potenzialità per essere il nuovo eroe romance strappamutande ma poco importa a fronte di un lessico a dir poco fuori contesto. Che lui sia anche un gran sleccazzatore di gnagne lo sappiamo e ci può anche andar bene, come tutto il resto, il tormento, il cazzo perennemente sull’attenti e seghe mentali varie.
Tutto ok, tutto bene…ma il resto purtroppo no.
Ed anche qui siamo più in ambito “canovaccio” che di vero e proprio racconto. 
Infatti l’approfondimento psicologico resta sommerso, e anche se le potenzialità sono altissime e i giochi di sguardi funzionano e adoriamo tutti anche la madre ficcanaso del Marchese, è tutto in superficie, come se non si volesse volutamente guardare nelle profondità. 
Ed è un peccato perchè la storia non annoia, i personaggi sono strutturati bene e a me lui piaceva assai. Però è un eroe moderno travestito da uomo dell’ottocento. Il lessico è importante al pari della ricostruzione di ambiente e costume. Perchè affannarsi tanto a descrivere redingote e crinoline per poi far parlare i personaggi come me, donna del 21° secolo?

Che poi piace, sia chiaro.
A me no, ma al resto del pubblico sì.
Piace assai perchè è sicuramente più semplice, più immediato, più “leggibile”.

Penso che Pitti Duchamp sia molto brava a scrivere, abbia delle belle idee, crei dei bei personaggi ma che in questo caso il peso della poca accuratezza lessicale pesi troppo. L’impressione è che sia una scelta consapevole e mirata. Resta la mia perplessità di fronte ad una scelta editoriale minimal e semplicistica.
Ad onor del vero, resta anche un successo di pubblico e critica che da pienamente ragione a scrittrice e casa editrice e questo sicuramente va tenuto in considerazione.

Questo stile, la rapidità nello sviluppo delle storie e la modernizzazione del linguaggio sono ormai carte vincenti in una partita contro un romance storico più accurato, lento, descrittivo.
Bisognerebbe analizzare, ma io non ho nè le capacità nè la voglia di farlo, il perchè di questa corsa alla semplificazione. C’è da dire che comincio ad essere una “vecchia lettrice” non perchè io mi senta vetusta ma perchè ho cominciato a leggere in un’epoca nella quale la lettura per ragazzi erano la Alcott con Piccole Donne e poi  Swift, Verne, a seguire le sorelle Bronte, Agatha Christie e la Austen. Sono abituata ad un certo tipo di lettura e di scrittura. Probabilmente le ragazze giovani trovano noioso quel tipo di scrittura, le descrizioni, l’approfondimento psicologico, una certa lentezza nella narrazione.
E’ forse una mera questione di tempi.

Tuttavia per me il romance storico resta un’altra cosa, forse per questi romance che sono una mistura di genere ci vorrebbe una nomenclatura adatta, magari c’è già…nel caso vi prego di informarmi al più presto possibile.

Ma ora passiamo a quei libri che NON ho nemmeno portato a termine.

Per primo parleremo di  Scandalo – Amanda Quick

Lui dovrebbe essere un bastardo senza cuore che la corteggia solo per vendicarsi del padre di lei che gli ha rubato tutto. Peccato che nel giro di tre pagine lei se lo rigira sul dito mignolo e addio a sogni di bastardaggine e vendetta che tanto agogniamo non lettrici di romance. 

Oltretutto la nostra eroina è ingenua al limite del sopportabile e passa il tempo parlando di amori romantici, citando poesie di dubbio gusto, ammantandoci di paranoie e scartavetrandoci i coglioni con continui riferimenti all’intelligibile, alla sua presunta relazione metafisica e spirituale, filosofica e superiore e via dicendo.

Inutile, l’ho detestata più o meno subito e nulla è cambiato con l’andare avanti della storia. Ho passato il tempo sperando morisse male ed è (come avrebbero detto i Bluvertigo) praticamente ovvio che la mia sopportazione di rabbia e tedio, già fortemente messe alla prova dalla convivenza forzata, abbiano sancito l’abbandono della sbobba a vantaggio di nuovi titoli.

E’ piaciuto praticamente a tutti ma non a me.
Facciamocene una ragione ed andiamo oltre.

Secondo me mi ha fregato la cover. Mi aspettavo chissà cosa e invece questo romanzo di Megan Frampton –  L’avventuroso viaggio di Lady Ida mi ha delusa su tutti i fronti.

Questi i miei pensieri copiati pari pari dal foglietto di appunti preso mentre leggevo:

“Abbandonato tra il 25 e il 30% perchè i due si sono già baciati ed innamorati. Per lui è stato il Best Kiss Ever, per me è stato il primo strato di terra sulla bara appena calata nella tomba. Amen”

Per farvi capire lo stato mentale dopo la Quick e la Frampton, ho acquistato tutta la serie Rohan della Stuart in formato cartaceo, l’ho riletta e ogni 10/15 pagine mi aggiravo per casa mormorando commossa “un capolavoro…CA PO LA VO RO”.
E non è nemmeno la mia serie preferita…..figuratevi voi!

Ed infine approdo ad un altro romance contemporaneo di autrice italiana, questo perchè per anni mi avete chiesto come mai NON leggo romance contemporanei ed io mi sono sempre sentita un pochino in colpa.
Vediamolo insieme:

Leggo la trama e mi sembra carino, non vado a leggere le recensioni perchè temo di farmi influenzare; cerco di eliminare ogni reticenza ed ogni pregiudizio e mi lancio nell’avventura. 
Partiamo bene, se sorvoliamo che stiamo parlando del ménage più sfruttato di sempre ossia la torbida storia “capo/segretaria” dove lui è un 35 multimiliardario, fighissimo con il cazzo grosso, donnaiolo e apparentemente senza cuore e lei è una giovane pulzella che si innamora alla prima annusata.

Dopo 10 pagine scopriamo che la nostra eroina, negli anni in cui ha fatto da segretaria tuttofare, ha passato il tempo annusando i suoi vestiti.
Lo riscrivo, nel caso qualcuno non avesse ben capito: “ANNUSANDO I SUOI VESTITI”.

Che dire?

In realtà ho proseguito la lettura per un altro po’…ma non l’ho finito.
Lei fugge a Parigi e va a lavorare come commessa; lui, guarda caso, capita proprio nel negozio dove lavora lei e viene attanagliato dalle paturnie perchè ovviamente la ama da una vita ma ha troppa paura.

Ciaone!

Poschina

Tagline: LaLeggivora; quando leggere diventa pura frustrazione

Merril & McPhee

No, non è il nome che ho deciso di dare ad un’agenzia investigativa, ma il binomio letterario che mi sono sciroppata nelle ultime settimane e che, parliamoci chiaro, mi ha messa di cattivo umore. Ma siccome settimana scorsa ero piuttosto tranquilla ho atteso l’arrivo del ciclo e che mi assalisse un’ondata di malumore per recensire queste due opere.

Cominciamo con questa roba. Ossia “L’amante del duca” della nostra amicissima Margareth McPhee. Non avevo letto nulla di questa autrice prima e temo che non leggerò mai nulla nemmeno in futuro e vi spiego immediatamente il perchè. (SPOILERISSIMI)

Tutto comincia in un bordello ed io già avevo la bava alla bocca perchè speravo che si ciurlasse un po’ nel torbido. Lei una giovane donna costretta dagli eventi a prostituirsi; lui, il Duca di Arlesford, che arriva proprio in quella casa di piacere per cercare di riempire le sue notti con guaine calde nel vanissimo tentativo di dimenticare la donna di cui era follemente innamorato 6 anni prima. Fatto sta che appena lui entra la nostra eroina comincia a farsi la corsica nelle mutande perchè riconosce in lui proprio quell’uomo che 6 anni prima le ha spezzato il cuore, lasciandola sola dopo averle “rubato” la virtù e con la pagnotta in forno (il tutto sviscerato in 2 pagine e mezzo). Lui la vede, chiaramente NON la riconosce perchè ha una maschera che le copre gli occhi e decide di passare la notte con lei.

Questa è la cosa più interessante che succede in tutto il libro.

Salgono in camera e mentre se la tromba allegramente non fa altro che pensare “Dio, quanto mi ricorda Arabella, gli stessi seni, gli stessi capezzoli, le stesse forme, gli stessi colori, sembra proprio di fare l’amore con quella stronza”. Il tutto mentre lei cerca di resistere al turbinio di piaceri che lui le provoca anche solo guardandola da lontano e intanto gode come quella gran vacca che è.

Finito l’amplesso lui la riconosce e ne rimane sconvolto perchè “cosa ci fa la sua Arabella in un postribolo? Perchè si è ridotta così?” e allora decide di ricattarla prendendosela come amante. Lei prima tentenna poi accetta perchè ormai vive nell’indigenza più totale con il figlio della colpa e la madre che cova per Dominic un rancore ai limiti dell’accettabile.

Il resto del libro è tutto fatto di improbabili situazioni e ricatti, di amplessi che si consumano tra continui sospiri dei due amanti….due coglioni, è tutto un “Dominic…” e lui che risponde “Arabella….” il tutto sussurrato in modo davvero, davvero fastidioso.

Ah…nel mezzo lui scopre di avere un figlio, di amarla ancora, che era stato ordito un piano dal diabolico padre per tenerli separati e che due palle, ma che due palle….che tedio, che noia, che voglia di prendere a badilate qualsiasi cosa.

Le scene di sesso sono anche decenti ma tutto il resto è davvero terribilmente noioso, non ne vale la pena, non compratelo. Nella letteratura romance ci sono Ducaconti e stallieri migliori di Dominic ed eroine ingravidate alla prima botta decisamente meno insostenibili di Arabella.

Per me è NO.

Spoiler anche qui.

Passiamo ora ad un libro che ho preso perchè la trama mi sembrava piuttosto interessante. Lui e lei erano fidanzati poi la giovane pulzella lo ha abbandonato all’altare e dopo qualche mese si trovano costretti nella stessa dimora per una settimana a causa del maltempo. Tutto bene per qualche capitolo. Scopriamo che lei lo aveva mollato perchè aveva scoperto che il buon Duca aveva un’amante, che è presente anche nella magione isolata e che a mio parere è una cretina a cui qualcuno avrebbe dovuto dare un paio di ceffoni quando era piccola.

Scopriamo anche che in realtà il nostro adorabile, austero e ignavo Duca, non è affatto l’amante della cretina ma le regge il gioco fingendosi il suo cicisbeo perchè lei è lesbica e quando ha voglia di fare quattro salti tra le lenzuola con la fighetta di turno i due complici fingono di andare ad appartarsi ed in realtà lei va a trombare con un’altra e lui pare che si legga un libro tranquillo….o si sega. Non è dato sapere con precisione.

Sorvolando sull’assurdità generale, a nessuno era venuto in mente di spiegarlo alla pulzella scelta in sposa la quale si è trovata ad essere lo zimbello dell’intero ton ed avendo un minimo di amor proprio aveva fanculizzato tutti.

Però lei lo ama…e anche lui la ama

E noi siamo costretti a sciropparci 200 pagine di incomprensioni e fraintendimenti al limite della ridicolaggine e dell’insulsaggine prima che si convoli a giuste nozze.

Segnalo anche che i due innamorati si infrattano in ogni stanza vuota ogni 5/10 minuti facendo le porcherie e che lei riesce a venire in tempo record appena lui le mastruzza i capezzoli per 5 secondi. Brava, beata te e anche vaffanculo perchè così non è proprio giusto.

Che dire? Tutto è bene quel che finisce bene  e della noia che mi ha attanagliato se ne fottono tutti.

Ma.

Ma io continuavo a chiedermi perchè il nome dell’autrice mi ricordasse qualcosa….cerca che ti ricerca scopro che tempo fa avevo letto un altro suo libro: “La sorella Sbagliata” che mi era anche piaciuto abbastanza, quindi se volete testare questa autrice vi prego di non leggere la noiosa ed improbabile storia di Danforth ma di gettarvi a capofitto su quella delle sorelle Summoner.

p.s. qualcuno sa quando pubblicheranno in italiano il 5° libro della serie Ravenel della Kleypas? Non trovo notizie in giro 😦

Poschina